Gen 142023
 

Il servo consacrato. Al cuore del messaggio biblico di questa domenica troviamo nuovamente la figura del «servo», come oggetto specifico dell’annuncio profetico. Prima Isaia, poi il Battista ne parlano come di colui che solo può portare a compimento il disegno di salvezza di Dio, operando per mezzo dello Spirito divino. 

Commento di Don Mario Albertini

“Io non lo conoscevo…”: per due volte Giovanni il Battezzatore dice così, riferendosi a Gesù. L’affermazione non era del tutto esatta, dal momento che i due erano parenti ed è più che probabile che si siano incontrati qualche volta. Ma in realtà egli non conosceva il vero essere di Gesù; aveva bisogno di una conoscenza più profonda, di un incontro che gli facesse comprendere il mistero di quell’uomo – e infatti soltanto dopo essere stato testimone della manifestazione divina nel battesimo (l’episodio lo abbiamo ricordato domenica scorsa) arriva a dire: questi è il Figlio di Dio.

Ora sì lo conosce. E noi lo conosciamo, Gesù? Forse abbiamo la presunzione di conoscerlo bene, e di conoscere quanto basta il suo vangelo. Ma se ci riflettiamo anche solo un poco, ci rendiamo conto di essere ancora all’inizio di una conoscenza profonda del Signore. Dobbiamo dire non soltanto: non lo conoscevo, ma pure “non lo conosco ancora”. Per conoscerlo meglio, occorre continuare nella preghiera, nell’ascolto e nella lettura del Vangelo, e con la riflessione.

Ci è di conforto l’inizio di questa pagina: “Giovanni, vedendo Gesù venire verso di lui, disse…”. Ecco, ci è di conforto il fatto che è lui, il Signore, a venire verso di noi. La sua venuta storica l’abbiamo celebrata nel Natale, ma la sua venuta spirituale si ripete per ciascuno di noi. Per accorgerci di questo, e non tenere la porta chiusa mentre lui viene, è sufficiente ascoltare il vangelo con il cuore e con l’intelligenza: così ci sarà dato di incontrarlo. Una espressione di Giovanni il Battezzatore è entrata nella nostra preghiera proprio all’interno della Messa: “Ecco l’Agnello di Dio, che toglie il peccato del mondo”. L’abbiamo detta nel cantico del Gloria a Dio, la ripeteremo tre volte prima della comunione come invocazione: “Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi e dona a noi la pace.” E il sacerdote la propone alla nostra fede mostrando la particola consacrata: Ecco l’Agnello di Dio. Ma cosa vuol dire? cosa intendeva dire il Battista e cosa vuol dire sulla nostra bocca? Nell’indicare Gesù come Agnello di Dio Giovanni Battista aveva presente quanto è scritto nell’Antico Testamento; il profeta Isaia aveva parlato del futuro Salvatore come del Servo di Dio – e questo lo abbiamo sentito anche nella prima lettura di oggi. Servo di Dio che avrebbe preso su di sé le nostre iniquità, i nostri peccati, e sarebbe stato trattato come agnello condotto al macello. Quindi quando noi facciamo nostra l’espressione ‘Agnello di Dio’ noi rievochiamo il sacrificio di Cristo per la salvezza dell’umanità, perché con la sua passione e morte e risurrezione egli ha preso su di sé i peccati di tutti e ne ha meritato il perdono. Invocarlo Agnello di Dio è un atto di fede: facciamolo consapevolmente. Due grandi idee dunque ci propone la pagina evangelica di oggi: la prima, la necessità di conoscere sempre meglio il Signore; la seconda quella di dire con fede, e sapendo cosa diciamo, l’invocazione all’Agnello di Dio.

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