Lug 162014
 

don Giuseppe  Menon
“sacerdote, missionario, figlio di Dio”
(a cura del fratello don Egidio Menon)

Nato 2 giugno 1939 a S. Vito di Brendola (VI)
Ordinato 28 giugno 1964
Morto 13 febbraio 2014 Vicenza

Si è  preparato al sacerdozio a Casa San Raffaele di Vittorio Veneto.
Ha frequentato il seminario diocesano, ed è stato ordinato sacerdote il 28 giugno 1964 dall’allora vescovo S.E. Mons. Albino Luciani, poi Papa Giovanni Paolo I.
Subito dopo l’ordinazione, ha raggiunto i confratelli dell’Unione Sacerdotale in servizio pastorale ad Aprilia, diocesi di Albano, dove è rimasto solo un anno.
Ha poi svolto il suo ministero per due brevi periodi in diocesi di Vittorio Veneto, nella parrocchia di Cordignano, e più tardi nell’Unità Pastorale di Godega, Pianzano e Bibano.
Ma la sua vita sacerdotale è stata soprattutto presenza missionaria in Brasile: come sacerdote “fidei donum”, vi ha lavorato per ben 35 anni, nelle diocesi di São Mateus, Caetitè e Livramento.
Lo scorso anno, colpito dal morbo di Parkinson, ha dovuto rientrare in Italia, ed è stato accolto, in grande fraternità ecclesiale, nella RSA Novello di Vicenza, da dove il Padre lo ha chiamato a Sé il 13 febbraio 2014.
La Messa esequiale è stata celebrata a Vò di Brendola lunedì 17 febbraio 2014, con la presenza di quattro vescovi, dei confratelli e di numerosi sacerdoti delle diocesi di Vittorio Veneto e Vicenza.

“Vorrei che la mia ultima parola fosse “Eccomi”, e possibilmente fosse scolpita nella pietra o simile.    A ciascuno chiedo una preghiera di lode al Padre e un canto a Maria.  Pater, fiat!
Parto  –  aspetto tutti  –  insieme per sempre”.
Sono alcune espressioni del semplicissimo testamento spirituale di Don Giuseppe.   Vorremmo far memoria di questo nostro fratello, per continuare a ripetere il nostro grazie al Padre che ce lo ha donato e perché il suo esempio ci stimoli a vivere da veri figli di Dio.
Un suo amico ci ha scritto: “D. Giuseppe non era tipo di molte parole ed amava usare sempre occhiali scuri; ma dal suo silenzio e  da dietro quegli occhiali scuri sprizzava gioia”. La sorgente della sua gioia era proprio la certezza che Dio ci è Padre, e con Gesù siamo fratelli in cammino.
Tale spiritualità gli era stata trasmessa fin da piccolo, in famiglia, in modo particolare dalla mamma, ed anche da una zia che faceva parte della Famiglia Spirituale femminile iniziata a Vicenza da P. Gioachino M. Rossetto.
L’ha poi approfondita negli anni di preparazione al sacerdozio, a Casa S. Raffaele, a contatto con i testimoni ancora viventi della “novità” annunciata e testimoniata da P. Rossetto; ricordiamo D. Isidoro Mattiello, D. Severino Marchesini, D. Fernando Dalla Libera, ed anche il vescovo S.E. Mons. Giuseppe Zaffonato.
Ne ha cercato e scandagliato la portata nelle forti espressioni di paternità sparse in tutta la bibbia, favorito dalla sua sua passione per l’ebraico, cui si è dedicato negli ultimi quindici anni della sua vita, l’ha portato a scoprire l’immensa tenerezza con cui il Padre ci ama.  Amava ripetere con il Salmo 139,5: “Alle spalle e di fronte mi circondi, e poni su di me la tua mano”. Ed univa queste parole con quelle trovate addirittura nella lettura del Corano, che definisce Dio “l’Avvolgente”!
Uno dei sogni di P. Rossetto era far sorgere un tempio a Dio Padre. D. Giuseppe ha realizzato tale sogno. Nei suoi quasi vent’anni di permanenza a Guanambi (Brasile) ha progettato e costruito il “Centro Betania” per ogni tipo di riunioni ed incontri di formazione. La grande chiesa ottagonale del Centro l’ha voluta proprio come “chiesa del Padre Nostro”: nella vetrata centrale campeggia il nome familiare di Dio, “Abba”;  e le vetrate rotonde che si aprono su ognuna delle pareti riportano ed illustrano, una ad una, le domande della preghiera insegnataci da Gesù.
Per lui la fede-fiducia in Dio Padre e la nostra risposta di figli era il punto centrale di ogni catechesi, di ogni incontro di formazione, di ogni omelia. E perché essa arrivasse più profondamente al cuore, non fosse mai dimenticata e potesse diventare vita concreta di ogni battezzato, l’ha riassunta in un piccolo libro di preghiere, cui naturalmente ha dato il titolo “Creio em Deus Pai” (Credo in Dio Padre). Ed è un fascicolo che, dopo circa trent’anni dalla prima stampa, circola ancora, non solo dove lui è passato, ma anche in altre diocesi del Brasile!
Più che con le parole o con le opere esterne, però, D. Giuseppe ha mostrato il Padre con la sua testimonianza di vita. Lo ha fatto in semplicità e silenzio, lungo tutti i suoi 49 anni di sacerdozio, ma soprattutto nell’ultimo periodo, quando il morbo di Parkinson l’ha costretto al letto. Il suo vescovo in Brasile, Dom Armando Bucciol, nell’omelia funebre gli ha detto: “Il Padre, che ti ha scelto e sostenuto anche in questo ultimo tempo della tua missione, quando questa si é fatta ancora piú silenziosa e di ‘caro prezzo’ – il prezzo del dolore –  ti dia il premio promesso”.   La sua “ultima parola: Eccomi!” è durata nove mesi: nove mesi di silenzio reale (la voce gli era quasi sparita del tutto), ma di “totale abbandono” nelle Mani del Padre, come ancora ha sottolineato Dom Armando.
Ricordando un fratello che ci ha lasciato, non ci resta che ringraziare il Padre dal quale “viene ogni dono perfetto” (Gc 1,16): ringraziare per il dono che è stato Don Giuseppe per ognuno di noi. E soprattutto aiutarci a camminare sulla strada che lui ha percorso, la strada della gioia dei Figli di Dio, che si lasciano portare dalle braccia d’Amore del Padre.  Come lui stesso ci assicura, D. Giuseppe ci aspetta… presso il Padre!

I confratelli dell’Unione Sacerdotale S. Raffaele, con D. Egidio

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