Lug 162014
 

don Florindo Nicoli
(Testimonianza di don Noè Tamai)

Nato 20 febbraio 1930 a Maragnole di Breganze (Vi)
Ordinato 20 giugno 1954 a Vittorio Veneto
Morto 16 aprile 2006 a Vittorio Veneto

Ricordare le persone care che ci hanno lasciato dopo tanti anni vissuti insieme, e ricordare quello che hanno fatto e come sono vissute, è motivo per sentire meno il peso del distacco, la tristezza per la loro separazione e, più ancora, è motivo di sprone e don Florindo Nicolidi incoraggiamento per vivere i begli esempi che ci hanno offerto e che sono rimasti vivi nella nostra memoria.
Questo per me è vero nei confronti di don Florindo, mancato oltre quattro anni fa; con lui ho vissuto, più o meno vicino , per 63 anni; prima nel momento della nostra preparazione al sacerdozio, poi come sacerdoti nella fraternità della nostra Famiglia spirituale e nell’apostolato.
I ricordi che ho di lui sono tanti e di vario genere, che suscitano in me sentimenti diversi. Ne accenno soltanto a qualcuno.
Io sono entrato a Casa San Raffaele la Domenica, Ottava di Pasqua, del 1943, portato da papà in bicicletta da Silea di Treviso, dove la mia famiglia risiedeva. Tra le persone che sono venute ad accogliermi, oltre i sacerdoti e le sorelle di Casa San Raffaele, ricordo che mi è venuto incontro Florindo, che si trovava già in casa da un anno…Mi ha colpito subito la sua statura, era alto già allora!, e i suoi calzoncini corti, di fronte a me, piccolino, che portavo i calzoni alla zuava …; ricordo che ero molto impacciato in quel momento…; lui, tutto sorridente, dopo avermi dato il benvenuto, mi presentò gli amici, tra i quali, c’era anche un certo Agostino Lazzaro, ora Frate Francescano Missionario; mi portò quindi a visitare la Casa, e poi insieme siamo andati a giocare.
Ricordo molto bene gli anni trascorsi con lui da studente, dal 1943 al 1954, anno della, sua ordinazione sacerdotale. Lo rivedo sempre sereno e allegro; si commuoveva soltanto quando parlava della sua famiglia, a cui era molto legato; non si arrabbiava quasi mai, e quando capitava, era di breve durata. Ho ancora presente quando in ricreazione si giocava a pallavolo: Florindo occupava il posto che meglio si addiceva alla sua “alta statura”… A scuola era considerato uno “sgobbone”; ordinalo, impegnato, sempre in ordine con i suoi doveri scolastici. Qualche professore godeva scherzare sul suo nome e cognome, chiamandolo “Flos de flore” o, per ricordare il suo cognome (Nicoli), storpiava la scritta che diceva: “Funicolare d’ Orvieto” in “Fu Nicola re d’Orvieto”…Erano queste le battute con le quali si scherzava anche in Brasile, negli anni che abbiamo vissuto insieme in Missione. Anch’io lo chiamavo qualche volta “Flos”, e lui si godeva, ricordando forse i bei tempi giovanili….Questo comportamento era indice del suo carattere di persona serena, allegra, facile alla battuta, per cui la sua compagnia era sempre gradita; si stava volentieri con don Florindo.
Subito dopo la sua Ordinazione don Florindo, passò un paio d’anni a Roma, perfezionando i suoi studi teologici all’Università Lateranense e fermandosi poi a lavorare in parrocchia insieme con don Severino a San Giovanni Crisostomo, fino alla partenza per il Brasile. Insieme siamo stati i primi missionari della nostra Famiglia spirituale.
Devo dire che nelle sue varie attività pastorali don Florindo ha mostrato sempre una particolare attenzione e predilezione per i giovani; gli è sempre stata a cuore la loro formazione religiosa e civile.
In Brasile, dove ha lavorato con me nella formazione dei giovani in seminario, prima come assistente e poi come padre spirituale, ha lascialo ricordi molto belli in chi ha avuto modo di godere del suo aiuto spirituale. Alcuni di quei giovani che lui ha accompagnato in seminario allora, pur a distanza di tanti anni, in occasione della sua morte, si sono fatti presenti con espressioni di profondo cordoglio e, come segno di riconoscenza, con promessa di preghiere per lui.
Rimanendo ancora alla esperienza vissuta con lui in Brasile, mi viene in mente un “bel ritratto” di don Florindo espresso proprio dai giovani seminaristi, che lui seguiva con molta cura e attenzione. Così un giorno lo definirono: Don Florindo è :”altào… careeào…bonitào” cioè “molto allo,… molto calvo,… molto buono!!!'”…In questo modo, avevano messo bene in risalto “il bello e il buono” che don Florindo era stato per la loro formazione umana, morale e spirituale.
Durante tutto il tempo trascorso con lui in missione l’ho visto molto triste, e questo per diverso tempo, soltanto in una occasione: la disgrazia di due seminaristi annegati durante una passeggiata pomeridiana in un laghetto dove erano soliti prendere il bagno. E’ stato per lui un evento dolorosissimo che lo ha scosso profondamente perché non riusciva a rendersi conto di come potesse essere accaduto un fatto così grave.
Don Florindo è stato fedele ai suoi impegni di sacerdote e di parroco; mi ricordo, soprattutto, la sua meticolosità nel preparare le celebrazioni liturgiche; non lasciava mai nulla alla improvvisazione.
Ritornato in Italia, dopo il suo servizio in missione, svolse il ministero prima come vice parroco a san Giacomo di Veglia, poi come parroco a Godcga Sant’Urbano e a Sarmede, lasciando sempre tra le sua gente bei ricordi ed espressioni di tanta gratitudine per il bene sparso e per l’esempio di pastore buono e di vero maestro di vita.
Ancora relativamente giovane la sua salute divenne piuttosto precaria e don Florindo si dovette ritirare presso la Casa di Riposo “Madonna di Lourdes”, in Conegliano. Nel frattempo subì anche un grosso intervento dopo il quale ritornò a Casa San Raffaele (Vittorio Veneto), che lui era solito chiamare: la mia Casa!!!
Accettò con serenità i limiti imposti dalla malattia; seppe offrire con grande generosità al Signore le sue sofferenze.
Nel periodo che visse in Casa di Riposo a Conegliano, gli facevo visita con una certa frequenza e confesso che, con mia grande edificazione, lo trovavo quasi sempre o con il Breviario aperto sul tavolo del suo studiolo o con la corona del rosario in mano; dalla preghiera attingeva la forza necessaria per fare la volontà del Signore. Non è stato facile nemmeno per lui vivere sulla propria pelle il “Pater Fiat” insegnatoci nel corso della nostra formazione, punto cardine della nostra spiritualità. Mi ripeteva spesso: “don Noè, bisogna provare per credere”. Così si esprimeva, mostrandoci il suo mondo interiore e il peso della croce che si era posata sulle sue spalle. Leggevo le sue parole come una richiesta di aiuto per poter portare a compimento quanto il Padre del cielo aveva disposto per lui. La sua vicenda terrena, iniziata il 20 febbraio 1930 a Maragnole di Breganzc –VI, si è conclusa il 16 aprile 2006 a Casa san Raffaele; si apriva così la sua vita in cielo. E’sepolto nel cimiero di Maragnole.
Don Florindo, io lo ricordo con affetto e ammirazione; lo sento ancora vicino e presente; mi rimane di esempio e di sprone per un cammino sempre più impegnato a vivere quella spiritualità che abbiamo vissuto per tanti anni insieme: Fratelli nella Famiglia dei figli di Dio. Egli è stato un vero Sacerdote Adoratore e Missionario.
A lui, sono certo, il Signore ha rivolto le parole che troviamo scritte nel Vangelo: “Servo buono e fedele, sei stato fedele nel poco, entra nel gaudio del tuo Signore”.

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