Gen 072023
 

Gesù, il servo dello Spirito. La festa che funge da passaggio dal periodo natalizio al tempo ordinario ci mette di fronte alla pubblica investitura di Gesù quale servo di Dio. Compimento del messaggio profetico, consacrato dallo Spirito di fronte all’ultimo dei profeti, il Battista, Gesù inizia il proprio ministero di salvezza.

Commento di don Mario Albertini

“si aprirono i cieli”.  Ormai il cielo lo possiamo considerare un libro aperto,  esplorato com’è da telescopi potentissimi e da satelliti e  sonde, che raccolgono sempre nuovi dati sullo spazio.  Ma la frase del vangelo significa tutt’altra cosa. Il  “cielo” di cui si parla non sta ad indicare lo spazio, dove  lo sguardo si perde, ma significa la trascendenza di Dio,  il fatto cioè che Dio non è misurabile né dai nostri  strumenti né dalla nostra intelligenza. Ebbene: “i cieli si aprirono” vuol dire che questo Dio, infinitamente altro da noi, si è fatto presente a Gesù nella  sua umanità, e gli si è totalmente comunicato.  

Ripensiamo all’episodio del vangelo. Gesù aveva circa trent’anni, ma di questi trent’anni le  pagine del vangelo tacciono: un’esistenza nell’anonimato,  nel lavoro, condividendo la vita semplice di sua madre  Maria e di Giuseppe. Trent’anni. Soltanto dei tre anni successivi, conosciamo quello che Gesù fece e disse e  patì. Eppure anche quei trent’anni appartengono alla sua  opera di redenzione; Gesù: è autore della nostra salvezza  anche con quel periodo di nascondimento e di raccoglimento.  

 Gesù dunque riceve il battesimo di Giovanni, che era  segno di penitenza e di purificazione. Non ne ha bisogno,  perché senza peccato, ma vuole condividere le  conseguenze dei peccati, tra le quali anche la penitenza  che quel battesimo significava. 

 Gesto di profonda umiltà, che ci insegna come sia  necessario da parte nostra riconoscerci peccatori e chiedere perdono a Dio misericordioso. Lo facciamo  ripetutamente anche all’inizio della Messa, e in  particolare nel sacramento della confessione, ma alle  parole deve corrispondere la convinzione, e la  conversione. La misericordia divina è grande, ma non  bisogna abusarne. 

 Poi per l’appunto si aprirono i cieli: su Gesù scese lo  Spirito Santo, e la voce dall’alto lo proclama figlio  prediletto. Dalla profondità del mistero divino viene  l’approvazione e l’investitura per la sua missione terrena. 

 Ora, il battesimo di Gesù rinvia al nostro battesimo,  perché anche per noi è avvenuto qualcosa di analogo.  Non avevamo commesso peccati personali, eppure  eravamo solidali con il peccato dell’umanità, e il  battesimo ne ha ottenuto la purificazione interiore. Non vi  è stato nessun segno straordinario, non si è udita nessuna  voce venire dal cielo, eppure in quel momento il rapporto  di Dio con noi è diventato così stretto che anche di noi  egli ha potuto dire e ogni giorno dice: sei mio figlio, ti  voglio bene, voglio il tuo bene, io ti sono Padre. 

 Dovremmo pensare un po’ di più al dono del battesimo,  essere riconoscenti ai nostri genitori che hanno voluto  farci partecipi della grazia di Dio, rinnovare la nostra  adesione di fede, ed essere aperti e obbedienti  all’invisibile azione di Dio in noi. 

 Facciamo nostra la preghiera detta poco fa: “Padre,  concedi ai tuoi figli, rinati dall’acqua e dallo Spirito (nel  battesimo), di vivere sempre nel tuo amore”.

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