Lug 082022
 

Fedeli a Dio nell’amore. La legge del Signore non è un peso ma è un dono che è nel cuore dell’uomo e dev’essere messa in pratica per trovare gioia. In Gesù, essa trova compimento: è la legge dell’amore, che chiama ciascuno ad amare Dio e, a sua immagine, ad amare il prossimo che è nel bisogno.

Commento di don MARIO ALBERTINI

Vangelo dalle molte domande, poste da qualcuno a  Gesù o riproposte da Gesù. Ne esaminiamo due.  

La prima è una domanda che dovremmo porre anche  noi: cosa devo fare per avere la vita eterna? e ad essa  Gesù con la parabola del buon samaritano dice: per avere  la vita eterna devi preoccuparti della vita terrena del tuo  prossimo. Facciamo attenzione a questo legame tra vita  eterna, cioè quella che ci unisce a Dio, con la vita terrena  degli altri. Per poter ereditare la vita di Dio, l’uomo deve  impegnarsi a favore della vita degli altri, prendersi cura  della vita del prossimo. E’ il comandamento: ama il  prossimo come te stesso. 

 Che va insieme con il comandamento: ama Dio con  tutto il tuo essere. Perché dire di sì a Dio significa anche  essere pronti a dire un sì effettivo al prossimo, in  particolare a chi vive nel disagio. Teniamo presente, ripeto, questo legame: “cosa devo  fare per avere la vita eterna?” – “va’ e fa’ altrettanto” =  aiuta il tuo prossimo. 

 La seconda domanda da esaminare è: “chi è il mio  prossimo?”. E’ una domanda sbagliata, perché chiedere  ‘chi è il mio prossimo’ significa immaginare un mondo di  cui io sto al centro, e pensare gli altri posti attorno a me,  chi più vicino e chi più lontano. Gesù con il suo racconto  insegna che non si tratta di catalogare le persone  collocandole più vicino o più lontano, ma di accorgersi  delle persone che hanno bisogno di me. Infatti conclude  la parabola chiedendo: “chi è stato ‘prossimo’” a quel  malcapitato? Rettifica così la domanda che dicevo  sbagliata: non “chi è il mio prossimo?” – ma: come farmi prossimo a chi è nella necessità? Non quindi soltanto a  chi mi è parente o amico o compagno. Di quel ferito,  Gesù non dice il nome, non dice se era ebreo o pagano, se  era ricco o povero, ma semplicemente che era un uomo:  “Un uomo scendeva …”. Ecco: un uomo, una persona.  Questo è il mio prossimo. 

E qui sarebbe interessante un’analisi anche dei  particolari della parabola. Per esempio i vari gesti che  compie il Samaritano nei confronti dell’uomo incappato  nei ladroni e malmenato. Di lui è detto in primo luogo  che vide il ferito; anche il sacerdote e il levita lo avevano  visto, ma avevano tirato diritto. Lui invece “lo vide, – ne  provò compassione” e allora gli si fa vicino (ecco: gli  diventa ‘prossimo’!) e gli presta i primi soccorsi eccetera.  Cioè passa all’azione caritativa. E’ quello che  sottolineavo all’inizio: dice di sì alla vita dell’altro – per  questo sarà degno della vita eterna. 

Aggiungo un ultimo pensiero: questa parabola è stata  definita la sintesi del vangelo, per due motivi.  Il primo è perché essa è simbolo dell’azione di Gesù  nei nostri confronti: lui si è fatto prossimo a noi per  salvarci dal male, è lui il buon Samaritano che ha pietà  delle nostre povertà spirituali e si prende cura di noi per  esempio mediante i sacramenti.  Il secondo motivo è perché la parabola riassume  l’insegnamento di Gesù circa l’amore al prossimo.   Proviamo allora a ripensarla sia mettendoci nella parte  di chi ha bisogno di aiuto da parte di Dio, sia sentendo il  comando di porgere noi aiuto a chi ne ha bisogno.

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