Ott 082016
 

donmarioalbertiniRaccontando la guarigione dei lebbrosi ad opera di Gesù, il Vangelo richiama la nostra attenzione sulla gratitudine di uno solo, e per di più straniero, un samaritano. Il suo grazie a Gesù nasce in primo luogo da una fede vera, che si esprime nella lode a Dio e nel riconoscere in Gesù il suo amore salvante. Gesù stesso gli conferma: «Alzati e va’; la tua fede ti ha salvato». Questa gratitudine è dunque l’atteggiamento fondamentale della persona credente, che scopre come la salvezza non sia conquista, ma grazia. La storia di Naaman, nella prima lettura, testimonia questo stesso atteggiamento di riconoscenza nei confronti di Dio: «Ora so che non c’è Dio su tutta la terra se non in Israele!» Qui motivo di gratitudine è la fedeltà di Dio. La stessa convinzione esprime Paolo nella seconda lettura: «Se noi manchiamo di fede, egli però rimane fedele, perché non può rinnegare se stesso».

‘Tornare’, ritornare, è un verbo che nel vangelo ha un significato che va oltre a quello che si coglie direttamente. Indica un ritorno fisico, ma anche un ritorno interiore. Ad es. nella parabola del figlio prodigo, il ritorno alla casa del Padre significa il suo ritorno all’amore del Padre.

Troviamo questo verbo anche nell’episodio che abbiamo sentito in questa pagina del vangelo: “Uno dei lebbrosi, vedendosi guarito, tornò indietro…” e poi Gesù domanda: “Non si è trovato chi tornasse, se non questo straniero?”. Uno dei dieci guariti ritorna da Gesù per ringraziarlo, e Gesù ne è contento, ma si rammarica che altrettanto non abbiano fatto gli altri nove..

L’episodio ci dice che il Signore si aspetta che gli siamo riconoscenti, e che glielo diciamo, che gli diciamo ‘grazie’.

Grazie di che cosa? Di tutto: che siamo al mondo, che ci sono persone a cui vogliamo bene e ci sono persone che ci vogliono bene, che lui, Dio, ci vuole bene, e ce lo ha manifestato in Gesù. Non diamo per scontato la vita, l’amore, l’amicizia, il mondo… Tutto è dono. Chi è veramente triste sulla terra? chi ritiene di non aver nessuno cui essere riconoscente, o chi non sa vedere quanti motivi ci sono per essere riconoscente. Al Signore, ma anche a tante persone.

Dicevo: Dio si aspetta che questo ‘grazie’ glielo diciamo. Notate ancora l’episodio: la guarigione dalla lebbra l’hanno ricevuta tutti i 10 lebbrosi, ma a uno solo, quando ritorna per ringraziare, Gesù dice: ‘la tua fede ti ha salvato!’. Si può dire che Dio mette la riconoscenza come condizione per la salvezza. Quale salvezza? non tanto la guarigione, ma la salvezza dal male, dal peccato, dalla morte eterna – la salvezza che è il suo amore.

Tra poco si svolgerà un dialogo tra me che presiedo la celebrazione e voi; io inviterò voi e me così:

– Rendiamo grazie al Signore nostro Dio – e voi risponderete:

– Sì, è cosa buona e giusta = dobbiamo proprio ringraziare.

Ma io poi aggiungerò: non solo è bene, è cosa doverosa, ma è anche ‘fonte di salvezza’.

Ripeto: la salvezza dal male, dal peccato, dalla morte eterna – la salvezza che è il suo amore.

E allora come quel lebbroso dobbiamo dire non soltanto “Signore, abbi pietà!” ma anche “Signore, ti ringrazio!”. Che quella volta sia stato uno solo su 10, è una percentuale amara; una percentuale che ci deve far pensare: io sono rappresentato da quell’uno o da quei 9?

Se qualche volta ci allontaniamo dal Signore, suscitiamo in noi il senso della riconoscenza per l’amore che ha per noi, e torniamo a dirgli grazie.

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