Ago 262016
 

donmarioalbertiniLa Parola oggi proclamata può essere per noi una guida alla vera umiltà: nel Vangelo Gesù invita a scegliere l’ultimo posto per metterci al servizio di chi vive nella sofferenza e nel bisogno. Rivela che il vero amore sta nel dare la propria vita: si è nella verità di Cristo quando si giudica il proprio agire non secondo il criterio del successo, ma sul bene di cui si è stati capaci. E soprattutto sollecita a scoprire che la dignità di ogni persona dipende dal suo valore davanti a Dio. La consapevolezza del proprio limite è la condizione per accostarci alla vera sapienza, per trovare grazia davanti al Signore e per glorificarlo con la nostra vita: è l’insegnamento che ci viene dalla prima lettura. Si tratta di un percorso non facile verso la città del Dio vivente, un cammino che ha sempre bisogno di mediazioni e soprattutto, come esorta la seconda lettura, ha bisogno del mediatore della nuova alleanza, Gesù il Cristo.

Verso il 1500, l’astronomo Copernico dimostrò che la terra gira attorno al sole, mentre fino ad allora si pensava che fosse il sole a girare attorno alla terra; allora fu tutta una mentalità che dovette cambiare. Questo cambiamento di mentalità lo si definisce rivoluzione copernicana.

Ebbene, le parole di Gesù non metterti al primo posto, nella loro semplicità impongono anch’esse una rivoluzione, un capovolgimento dei nostri modi abituali di pensare e di essere. Proviamo a fare un esercizio di immaginazione: ciascuno di noi pensi di essere al centro di tutto. Anche se sappiamo che non è vero, spesso ci comportiamo come se fossimo proprio al centro: ogni cosa e ogni persona le consideriamo secondo il rapporto che hanno con noi. Lo potremmo chiamare egocentrismo. E ora proviamo a fare un altro esercizio di immaginazione, un po’ più difficile: pensiamo che un’altra persona, una persona qualsiasi che mi sta vicino o che incontro casualmente, sia lei il centro di tutto. Se fosse così, questo mi obbligherebbe a mettere lei al primo posto nella mia considerazione.

Ebbene, è questo che insegna Gesù quando dice appunto: non metterti al primo posto, cioè non considerarti al centro. Quello di Gesù non è un insegnamento di buona educazione, che peraltro sta sempre bene. Ma nelle sue parole l’importante non è il posto a tavola – vuole farci riflettere quale sia il modo di pensare a noi stessi, e quindi il modo di comportarci. E’ la medesima cosa che il comandamento della carità: ama il prossimo tuo come te stesso. Ed è quello che avviene, o dovrebbe avvenire, nella vita di famiglia: per il coniuge, il centro è l’altro coniuge; per i genitori, il centro sono i figli. Gli altri non vanno considerati come se girassero attorno a me, ma sapendoli anche più meritevoli di me, perché io so quanto sono peccatore davanti a Dio, mentre non so quanto lo siano gli altri.

Per questo Gesù aggiunge: invita i più poveri… Egli esige da noi l’attenzione soprattutto a quegli altri che hanno bisogno del nostro aiuto – si tratti di aiuto materiale nella giustizia e nella carità, o si tratti di un aiuto morale: una buona parola, un gesto di comprensione, la partecipazione a un dolore o a una gioia… E Gesù dice che vanno privilegiati quelli che non possono ricambiare con qualche favore: invita poveri, storpi, zoppi, ciechi. E’ la logica del dono, non quella del contraccambio. Caso mai il contraccambio viene da Dio. Dice Gesù: riceverai la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti. Ma anche nei confronti con Dio il motivo del nostro agire e del nostro amarlo non è prevalentemente l’attesa di una ricompensa, ma la speranza e l’attesa di incontrare lui, sommo Bene; di incontrare colui che nella vita abbiamo riconosciuto come il Padre nostro, colui che ci vuole bene e al quale noi vogliamo bene. Sì, c’è un grande insegnamento in quella frase così semplice: non metterti al primo posto. Ti ricorda che al centro di tutto, e al centro della tua vita, c’è Dio.

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