Set 032016
 

donmarioalbertiniPer accogliere il regno di Dio in noi e collaborare alla sua costruzione nel nostro mondo è necessario, secondo il Vangelo, rispondere alla chiamata di Gesù. Diventare suoi discepoli non significa solo condividere idee, ma soprattutto disponibilità a seguirne il destino. Nella parabola del banchetto sono presentate anche le difficoltà di tale scelta. Chi può conoscere la volontà di Dio su di noi? Per la prima lettura solo la sua Sapienza può esserci guida nel conoscere il volere divino e luce e forza per compierlo. Sapienza che possiamo chiedere nella preghiera e accogliere nella fede. Esempio concreto di sapienza cristiana conforme al volere di Dio è, nella seconda lettura, il comportamento che Paolo suggerisce al discepolo Filemone nel rinviargli lo schiavo Onesimo che da lui era fuggito: occasione per ribadire che la vera dignità della persona è quella che essa ha agli occhi di Dio.

“Chi avrebbe conosciuto il tuo volere, Signore, se tu non gli avessi dato la sapienza?”: questo interrogativo l’abbiano sentito nella prima lettura, e subito dopo, nel salmo responsoriale, si è trasformato per noi in una invocazione: “Insegnaci, o Dio, e acquisteremo un cuore saggio”. Il termine “cuore” nel linguaggio biblico indica l’intimo del nostro essere, il nostro essere stesso.

A conoscere il pensiero e il volere di Dio non arriva l’intelligenza da sola, non basta il sapere che viene dagli studi, ma ci vuole la sapienza del cuore. Ma cos’è, questa sapienza? e soprattutto come arrivarci? Nel salmo responsoriale abbiamo pregato così: “insegnaci a contare i nostri giorni” – Contare i nostri giorni vuol dire comprendere che la vita è limitata nel tempo, e che tuttavia è un cammino aperto all’infinito, verso Dio. Essere consapevoli di questa apertura a Dio è avere un cuore saggio.

Ebbene: se c’è questa apertura a Dio possiamo cogliere il significato delle dure parole di Gesù.

Riprendiamo l’esempio che lui propone: ogni volta che uno fa un programma impegnativo, se vuole partire con il piede giusto deve fare bene i suoi calcoli. Si tratti di costruire una casa, o – per un capo di stato – di entrare in guerra, occorre mettersi a tavolino e valutare bene le possibilità; se uno non agisce così va incontro al fallimento.

Ebbene, dice Gesù, tu sei intenzionato ad essere mio discepolo? Devi fare i tuoi calcoli in ordine ai tuoi affetti, e in ordine ai beni materiali. Per gli affetti, noi conosciamo il suo insegnamento sull’amore al prossimo, e sappiamo che nei 10 comandamenti il quarto esige: “onora il padre e la madre”. Quindi i sinceri affetti familiari non solo non si oppongono all’amore di Dio, ma sono una prima espressione di questo amore. Dio è amore, quindi in ogni vero affetto c’è un riflesso di Dio. Ma se – dico se – ci fossero situazioni in cui questi affetti si oppongono all’amore a Dio – in questo caso vanno sacrificati. Gesù vuole che siamo convinti del primato dell’amore a Dio su qualsiasi altro affetto.

Questo in ordine agli affetti. Ancor più per i beni materiali. Dio vale più di tutte le cose. Se per avere di più sulla terra trasgrediamo la legge di Dio e veniamo meno all’onestà e alla rettitudine, vuol dire che riteniamo Dio meno importante dei nostri soldi, della nostra carriera, delle nostre comodità.

Sono parole esigenti quelle del Signore, perché la vita da discepoli di Gesù non è a buon mercato; la fede, che pure è fonte di serenità e di forza, non è un cuscino su cui riposare.. Il cuore saggio comprende che quello che conta davvero è vivere all’interno dell’amore di Dio, fidarsi della sua bontà misericordiosa, e che tutto il resto viene dopo, ma pure che tutto può essere importante se lo assumiamo restando dentro all’amore di Dio.

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