Ago 202016
 

donmarioalbertiniL’invito a far parte del regno di Dio è rivolto a tutti, ma il vangelo di Luca richiama i discepoli di Gesù alla loro responsabilità: il regno di Dio è simboleggiato da un banchetto, una opportunità di incontro e di comunione, ma questa opportunità va accolta e vissuta in tutte le sue dimensioni. È un dono, e richiede umiltà, l’umiltà delle condizioni necessarie al banchetto: la comunione di mensa, infatti, rivela il volto di chi ci sta vicino, e anche delle sue necessità. Quale esempio, già la prima lettura ci parla di una comunione universale, non esclusivista, ma aperta all’accoglienza: l’utopia che tutti i popoli possano radunarsi nel tempio di Dio. Un sogno che potrà parzialmente realizzarsi attraverso la disponibilità dei credenti. Questo chiede conversione del cuore: in tale prospettiva la seconda lettura interpreta le difficoltà e le prove come “correzione” da parte del Signore che «ama e percuote chiunque riconosce come figlio».

Tanti o pochi? qual è la percentuale di coloro che si salvano? il 10 %? o il 90%?

A questa domanda Gesù non risponde direttamente, non dice ‘tanti’ o ‘pochi’, non dà percentuali. Dice però: voi sforzatevi di entrare… Come se dicesse: per te non è importante sapere quanti si salvano, ma è importante che tu ti comporti così da accogliere la salvezza che Dio ti offre. Perché il progetto di Dio è quello della salvezza universale (ne parla la prima lettura), ma la sua offerta di salvezza ha da essere accolta positivamente, cioè con i fatti.

A una domanda di curiosità Gesù risponde con una esortazione di impegno: sforzatevi!  Ora, in che cosa consiste questo impegno? Gesù indica due aspetti:
– In primo luogo: non sbagliare porta!  Quella giusta è una porta stretta. La porta larga, sbagliata, è quella dell’egoismo; quella stretta e giusta è la porta della fede e della bontà. Importante non sbagliarla. Un giorno Gesù ha detto: Io sono la porta dell’ovile – e un’altra volta ancora: bussate e vi sarà aperto. Quindi la porta da non sbagliare è quella dietro la quale c’è Gesù. Ripeto: quella della fede e della bontà.

– Il secondo aspetto del nostro impegno è questo: non considerarsi degli arrivati, non considerarsi degli aventi diritto. Nella breve parabola del vangelo, a quelli che si vantavano: siamo stati con te da amici, abbiamo mangiato e bevuto assieme… – la risposta è netta: non so chi siete, allontanatevi da me!  Se il Signore si presentasse a noi, ora, e ci chiedesse: voi, chi siete? Noi potremmo dire: ma come?!, sai bene che sono un battezzato, che ho fatto la prima comunione e la cresima, che sono andato a messa, che non ho fatto male a nessuno… quindi sono tuo amico e mi sono prenotato a venire da te nella gloria…  Ma rischieremmo di sentirci dire: non so di dove siete! Queste belle cose che avete fatto sono sacrosante e doverose, ma non vi danno alcun diritto, non c’è prenotazione che tenga; se non siete entrati per la porta giusta, cioè se non avete una fede vera e concreta, se il battesimo e la cresima e l’eucaristia non le avete tradotte nella vita di ogni giorno nel voler bene e nel fare del bene: se non è così, non vi conosco, non vi riconosco come miei amici!

Sarebbe duro se Dio dicesse a noi: non so di dove siete, non vi conosco.  Certo che ci conosce, ma vuole riconoscerci come suoi. Come un genitore dice al figlio: se non ti comporti bene, non ti voglio più bene, ma in realtà continua a volergli bene – così il Signore: certo che ci conosce, e ci vuole bene, e ci accoglierà – ma occorre entrare per la porta giusta: la porta della fede e della bontà, perché lui è lì dietro, è lì che ci aspetta, è lì che ci dà l’appuntamento.

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