Feb 112023
 

Scegliere la parte migliore. La Legge è uno strumento fondamentale per la vita di fede, tanto per l’antico Israele quanto per la comunità cristiana. Il rischio è di cadere in un agire formale ed esteriore, che dimentica la relazione con Dio quale unico fondamento per poter raggiungere una vera vita realizzata.

Commento di don Mario Albertini

E’ un brano molto complesso e abbastanza fuori della nostra mentalità, quello del vangelo letto oggi. Per capirlo un po’ meglio, richiamo l’attenzione sulla prima lettura, che è presa da un libro dell’AT intitolato ‘il Siracide’ perché scritto da uno che si presenta come ‘figlio di Sirac’, da cui ‘Siracide’; il libro contiene delle profonde considerazioni sulla sapienza e sulla sua importanza nella vita. Sapienza che non vuol dire scienza, ma capire e gustare la vita nei suoi veri valori. Nella pagina letta l’autore in modo sbrigativo dice: il Signore ha posto davanti a te la vita e la morte: spetta a te scegliere. Cioè Dio ti ha creato libero: stendi la mano là dove tu vuoi, ma ricordati: la vita sta nella legge del Signore, quindi “se vuoi, osserverai i comandamenti”.

Importante quel ‘se vuoi’, che non vuol dire ‘sei autorizzato anche a non osservarli’, ma sei capace di accoglierli o di rifiutarli, di scegliere la fedeltà o la ribellione. La libertà infatti non consiste nel permesso di scegliere il male, ma nella capacità di scegliere tra il bene e il male. Possiamo dire che la libertà si identifica con la persona, ciascuno di noi è quello che decide di fare: uno è buono, è grande, è saggio se decide per le cose grandi, buone, giuste; ma è meschino, vile, falso se decide per le cose insulse, false, quelle che non costano fatica. E’ stato detto, con frase espressiva: l’uomo è condannato a essere libero (Sartre). In realtà noi dobbiamo scegliere, e dover scegliere è la nostra grandezza ma anche la nostra fatica: quanta incertezza talvolta prima di decidere.

Ora, tu eserciti bene la libertà se tra vita e morte, tra il bene e il male, scegli la vita, scegli di obbedire alla Parola di Dio. Questo insegna la prima lettura: l’obbedienza a Dio come scelta di libertà. E il vangelo ci aiuta a fare un passo in avanti: di che obbedienza si tratta? Non di quella che si ferma alla materialità del comandamento (e sono i vari esempi portati da Gesù), ma quella che ti mette davanti a Dio e ti fa dire di sì non alla norma ma a colui che l’ha data. Così che ormai la libertà si può definire: la capacità di dire di sì a Dio, all’amore di Dio – è la libertà del figlio che comprende l’amore dei genitori e corrisponde obbedendo. In sostanza Gesù dice: l’Antico Testamento ha un grande valore, esso non passerà, cioè ha un’autorità perenne, ma va interpretato e osservato in modo giusto, e io non sono venuto per cancellarlo ma per ‘dare compimento’, cioè per fargli raggiungere la pienezza, la perfezione, e questa consiste nella carità, nell’amore. Io vi insegno – dice sempre Gesù – una maniera nuova di osservare i comandamenti, ed è quella di viverli da figli. Che è una maniera molto esigente, ma che ha il sostegno di Dio.

Ci insegna – in altre parole – a correggere un probabile nostro atteggiamento interiore. Io non devo chiedermi: fino a che punto posso spingermi senza fare peccato? – ma devo chiedermi: cosa posso fare per rispondere all’amore di Dio, quell’ amore che Gesù mi ha rivelato col dirmi che Dio mi è Padre? Obbedienza a Dio – come scelta di libertà – con amore di figli. Ecco quello che Gesù domanda.

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