Feb 182023
 

Essere come Dio. È chiaro l’invito che percorre le letture di questa domenica. Colui che appartiene al popolo di Dio è chiamato ad essere santo «come» e «perché» Dio stesso è santo. Il Vangelo declina la novità di questa santità come è rivelata in Gesù: l’essere santo di Dio si manifesta nell’amore.

Commento di don Mario albertini

L’insegnamento centrale che ci viene proposto dal Vangelo di oggi è quello della carità più piena: amare il prossimo, volendo il bene anche di quanti ci sono ostili, il bene dei nemici. Facile a dirsi, ma non così facile da attuare, anche se conosciamo non pochi esempi commoventi di perdono. Gesù soprattutto, che dà questo comandamento (“Io vi dico”), è anche l’esempio più efficace: “Padre, perdona loro” – pregherà sulla croce.

Il Signore dà la motivazione per questa carità piena: se volete essere figli del Padre vostro celeste. Il riferimento al Padre, così costante sulle labbra di Gesù, diventa qui un richiamo: la paternità di Dio è il fondamento della fraternità umana, e se il Padre è buono con tutti i figli, buoni devono essere i fratelli tra di loro. Gesù però aggiunge una frase che fa tremare: “Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro che sta nei cieli”. Ma è mai possibile per noi? Constatiamo di continuo che siamo imperfetti, pieni di manchevolezze, peccatori, ed è con questa coscienza che noi ci mettiamo davanti a Dio; e Lui invece risponde: “Siate perfetti”. Anche nella prima lettura della Messa di oggi è detto: “Siate santi, perché Dio è santo”. Forse ascoltiamo queste frasi come modi di dire, da tener presenti sì ma fino a un certo punto. Ma la parola di Dio non è mai per niente; la sua parola va presa sul serio sempre. E allora? come può domandarci il Signore di avere le sue perfezioni, che sono l’onnipotenza, l’onniscienza, eccetera? Assurdo. Il brano del Vangelo che leggiamo in questo giorno è preso dall’evangelista Matteo; l’altro evangelista che riporta questo discorso di Gesù, Luca, riferisce la frase in modo un po’ diverso: “Siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro che sta nei cieli”. Ecco la perfezione da fare nostra: la misericordia, cioè avere un cuore che si china sui miseri, su chi si attende da noi un po’ di bontà. Si, perché “chi accoglie nella fede la paternità di Dio, rivelata da Gesù, non si trova davanti un ideale irrealizzabile, ma il dono di una nuova grandiosa possibilità” (Catechismo degli adulti, n.155): nella nostra piccola e povera bontà verso ogni nostro prossimo, ci viene data una partecipazione della perfezione infinita del Padre. Con i nostri atti di amore, di riconciliazione, di fedeltà alla parola di Cristo, facciamo apparire in questo mondo qualcosa della perfezione del Padre. L’esortazione di Gesù resta molto impegnativa, ma non impossibile. Gesù non ha paura di invitarci alle altezze infinite. Che dignità, la nostra di figli di Dio, e che responsabilità! Mi pare doveroso richiamare l’attenzione anche sull’ultima frase della seconda lettura; scrive san Paolo: “Tutto è vostro: il mondo, la vita, la morte, il presente, il futuro; tutto è vostro! Ma voi siete di Cristo…”. La nostra esistenza ha due direzioni: il regno meraviglioso delle creature, con le sue grandezze e i suoi limiti, e la realtà di Dio ancor più meravigliosa. Possiamo riportare la prima direzione dentro alla seconda, purché sappiamo mantenere la libertà di fronte alle cose, e orientiamo a Dio le ordinarie condizioni della vita familiare e sociale.

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