Ott 012022
 

La fede, vera certezza del credente. La fede come affidamento a Dio, a colui che fa vivere il giusto e tiene conto del male commesso, si accresce nel vivere questa relazione, nell’essere discepoli, non ricercando un’ulteriore ricompensa al di fuori della gioia stessa di essere al servizio per il Regno.

Commento di don MARIO ALBERTINI

Ma siamo proprio inutili? No, Dio ha bisogno di noi, ha voluto aver bisogno di noi affidandoci il compito di gestire bene e con responsabilità le nostre attività e i rapporti vicendevoli. Servi inutili: la frase suona dura, ma esprime questo dato di fatto: di fronte a Dio non abbiamo diritti da rivendicare, perché tutto proviene dalla sua bontà, anche quel poco di bene che riusciamo a fare. In parole povere: non devo dire: sono stato bravo e buono, quindi tu, o Dio, mi devi ricompensare – ma dire: mi impegno a essere bravo e buono perché tu mi vuoi bene, e desidero che tu mi voglia sempre bene….

Quindi metterci non sul piano della rivendicazione di diritti, ma in quello della gratuità, che è il piano dell’amore e della fiducia. E allora sì possiamo anche avere lo stesso atteggiamento del profeta nella prima lettura, e chiedere come lui: Signore, fino a quando?… Tu, o Dio, non intervieni contro le ingiustizie, la violenza, la cattiveria… Ma allora, Dio, tu sei un protagonista della storia, o sei un semplice e indifferente spettatore? Questa è la sofferta domanda del profeta, ma di fronte alle ingiustizie, alle violenze, alle iniquità, che hanno la meglio sulla giustizia e l’onestà, questo interrogativo lo possiamo, lo dobbiamo porre anche noi: perché, Signore? fino a quando? Sì, è giusto chiedere a Dio perché? Però questo interrogativo va posto al Signore non come un atto di accusa, bensì come un naturale desiderio di sapere e capire., La sua risposta è quella ascoltata sempre nella prima lettura: “Il Signore risponde: ci sarà un termine”, ci sarà una scadenza per il suo intervento, e il suo giudizio, e allora sarà il momento della giustizia. Da parte tua, ci dice il Signore, “attendi, perché certamente io verrò”. Quindi, proprio perché fiduciosi nella venuta e nella presenza di Dio ci impegniamo noi nell’eliminare le ingiustizie e le violenze nostre e attorno a noi, perché questo compito è nostro, non di Dio. E’ così che non saremo servi inutili. E come gli Apostoli, preghiamo pure noi: Signore, accresci in noi la fede. Quella fede che non dice a Dio di fare quello che vorremmo noi, ma dà a noi la capacità di fare quello che lui vuole, cioè il bene. Il vero miracolo che si ottiene con un granellino di fede non è lo spostamento di un albero dalla terraferma al mare, bensì la trasformazione della nostra vita; il vero miracolo che la fede ci ottiene è diventare capaci di dire di sì a Dio che è Padre di infinita bontà, dirgli di sì anche se si nasconde, sembra assente, tarda a venire – e dire di sì alla vita che è dono suo. Il servizio di cui si parla nella breve parabola del vangelo è proprio la nostra vita, da vivere secondo Dio. Sì, anche noi, come il profeta, possiamo porre i nostri perché? a Dio, ma nello stesso tempo dobbiamo pregare con umiltà: Signore, accresci in noi la fede, così che sappiamo vivere da persone giuste, cioè da figli tuoi, in questo mondo in cui c’è tanta cattiveria; ma in cui c’è anche il tuo amore e il tuo aiuto, Signore. E per favore, mio Dio, dàmmi un granellino di fede.

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