Mar 082019
 

palloneAi cristiani è chiesto un atteggiamento coraggioso e intraprendente che viene dalla gioia della fede e dell’amore alla Chiesa.

Fare pastorale dove vive la gente  – La pastorale/missione della Chiesa oggi deve essere sviluppata di più negli ambienti vitali: le scuole, gli ambienti di sport e del tempo libero, gli ambienti del lavoro, gli ambienti della fragilità (ospedali, case per anziani, case famiglia per persone con limiti), gli agglomerati di persone ai margini per povertà, gli immigrati.

Questi ambienti di vita sono spesso del tutto trascurati perché non appartengono a una parrocchia od ad un’altra. Eppure è qui dove vive la gente. In passato, erano raggiunti dall’apostolato “carismatico” di preti, suore, religiosi appartenenti alle congregazioni religiose. Oggi solo in minima parte.

Molti Vescovi, parroci e i religiosi stessi hanno cominciato a pensare che questi ambienti e uffici “sono da laici”. Ed è vero. Sono i laici che devono portarvi la loro testimonianza. Ma un conto è dare testimonianza e un conto è fare pastorale in questi ambienti. Gran parte dei religiosi sono stati chiamati a “fare pastorale” in parrocchia. E’ avvenuta  una consistente “parrocchializzazione” della vita religiosa. E’ rimasto molto secondario l’apostolato carismatico svolto in quegli ambienti in cui la gente vive ordinariamente.

Azione pastorale negli ambienti vitali – Ebbene il profondo cambiamento dei ritmi e stili di vita della gente di oggi, richiede il rilancio della pastorale negli ambienti vitali ove si trascorre gran parte della vita quotidiana.

Sono ambienti “extraterritoriali” rispetto alle parrocchie.  Un grande santo (D. Orione) diceva che una cattedra di scuola vale un pulpito, un oratorio conta quanto una chiesa, un ospedale quanto un santuario. E ci ha educati ad unire “opera di culto e di carità”. Sono convinzioni che, nelle attuali condizioni sociali, assumono una nuova concretezza e urgenza pastorale. Diocesi e congregazioni sono chiamate oggi a dare maggiore attenzione e azione pastorale agli ambienti vitali dove la gente effettivamente vive, onde evitare che, nelle parrocchie, i pochi presenti siano super stimolati, mentre i molti assenti (presenti altrove) restano del tutto trascurati.

Nella frontiera dell’evangelizzazione ci sono i laici. – Un’ultima considerazione riguarda i laici. L’impegno dei laici, tanto promosso dalla Chiesa in questi ultimi decenni. È necessario ancor più in questa situazione di vita dislocata e frammentata in ambienti vitali che sono altrove rispetto alla parrocchia. E non basta più solo la testimonianza personale, imprescindibile: ci vuole anche un atteggiamento missionario, apostolico, “il coraggio del bene”. Oggi, c’è bisogno che i cristiani, arrivino lì – o meglio stiano lì – negli ambienti ordinari della vita quotidiana, perché lì è la frontiera dell’evangelizzazione. In questi ambienti, chi arriva? Non certo il sacerdote, non certo le iniziative di catechismo e neppure le iniziative di carità e di solidarietà della parrocchia o delle organizzazioni religiose. Chi arriva in queste frontiere che sono le case, le scuole, gli ambienti di lavoro? Ai cristiani è chiesto un atteggiamento coraggioso e intraprendente che viene dalla gioia della fede e dall’amore alla Chiesa. Cari laici, non occorre che vi arrivino deleghe o incarichi di missione, di evangelizzazione. Basta il “certificato di battesimo” e saper dire il “Padre nostro” fino in fondo per essere “abilitati”. Voi siete l’ala avanzata della vita della Chiesa nella società.

 

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