Nov 242018
 

fotosearch_k4066067( Alessandra Smerilli) – Il Sinodo è terminato, ma forse in realtà comincia ora, nelle nostre realtà, parrocchie, associazioni, gruppi e movimenti. Il documento finale è denso di pagine che ispirano cammini, che lasciano domande aperte e spingono a mettersi in movimento. E a farlo nella sinodalità. I giovani durante i lavori ci hanno fatto riscoprire la bellezza del camminare insieme e di un discernimento comunitario dove tutti possono dare il loro apporto. Il primo frutto del Sinodo, allora, potrebbe essere quello di iniziare percorsi di discernimento attorno ad alcuni tempi particolarmente pregnanti, oppure attorno ad alcune domande che il Sinodo stesso lascia aperte. La novità che vi viene richiesta è quella del riflettere insieme: giovani, anziani, donne, uomini, laici, consacrati, presbiteri e vescovi.

Leggiamo infatti nel documento: il Sinodo chiede di rendere effettiva e ordinaria la partecipazione attiva dei giovani nei luoghi di corresponsabilità” (n. 123). Durante il Sinodo i giovani hanno partecipato al processo dall’inizio alla fine, e non solo in alcuni momenti. Proprio la loro presenza costante ha permesso a tutti i presenti di non ripiegarsi su se stessi e di non parlare un linguaggio complicato ed elitario. Sarebbe interessante che le diocesi si misurassero in processi di questo genere e potessero condividerne i frutti. Un secondo nucleo è relativo ai contenuti e alle domande attorno ai quali esercitare la sinodalità.

Per esempio sui temi della sessualità il Sinodo non dice una parola definitiva: “Esistono questioni relative al corpo, all’affettività e alla sessualità che hanno bisogno di una più approfondita elaborazione antropologica, teologica e pastorale, da realizzare nelle modalità e ai livelli più convenienti”. (n. 150). Sarebbe molto interessante ascoltare la voce dei giovani e confrontarsi senza preconcetti su questo tema. Oltre che osare approfondimenti antropologici e teologici sulla reciprocità e sull’essere insieme, uomini e donne, creati a immagine di Dio.

Su questa linea è molto interessante approfondire il tema della vocazione così come emerge dalle riflessioni sinodali: la condizione fondamentale per poter parlare di scelte di vita è quella della libertà, una libertà che però non va fraintesa: “La libertà è costitutivamente relazionale e … le passioni e le emozioni sono rilevanti nella misura in cui orientano verso l’<autentico incontro con l’altro> (n. 73). Nella libertà possiamo accostarci al mistero della vocazione, purificando il nostro immaginario e il nostro linguaggio religioso: “La vocazione non è né un copione già scritto che l’essere umano dovrebbe semplicemente recitare né un’improvvisazione teatrale senza traccia. Poiché Dio ci chiama a essere amici e non servi”. (n. 78). Con i giovani ci interroghiamo su Dio che non ha un progetto preconfezionato su ciascuno di noi, ma che trepida con noi e cammina con noi: il Sinodo ci insegna che è importante risvegliare le domande e non assicurare le risposte; che non dobbiamo avere timore di interrogarci insieme ai giovani, e mostrare i nostri dubbi. Questo è il camminare insieme.

 

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