Set 162017
 

compassioneSpezzare la catena dell’odio. L’amore misericordioso verso il prossimo non diventa un semplice compito da svolgere una volta tanto, ma nel perdono e nella prossimità diventa uno stile di vita che determina la nostra identità di discepoli del Signore.

Commento di don Mario Albertini

Dio può fare tutto, perché è l’Onnipotente, eppure si aspetta che noi gli diamo una mano per aiutarlo (cfr Diario Hillesum).  Dobbiamo entrare in quest’ordine di idee: Dio ha bisogno di essere aiutato da noi. Tocca a ciascuno capire in quali campi. trovate un momentino per chiedervi: in che cosa posso aiutare Dio? sono certo che farete delle scoperte interessanti.

Ebbene, il vangelo di oggi, e anche la prima lettura, indicano un campo nel quale Dio si aspetta un aiuto. Infatti la parabola dice che Dio è ben disposto a perdonare a noi, ma che può farlo soltanto se noi perdoniamo. Il perdono del Signore è nelle nostre mani. Il perdono dato da noi è l’aiuto di cui Dio ha bisogno per dare il suo perdono a noi. Questo lo insegna Gesù.

Ma qui si presentano, tra altri, due interrogativi.

Il primo: sono proprio convinto di aver bisogno del perdono del Signore? Glielo chiedo spesso, come ad es. all’inizio di ogni Messa, ma forse lo chiedo in modo generico, senza mettermi con sincerità di fronte alla mia coscienza, senza dire a me stesso: è di quella particolare azione, di quel mio pensiero, della mia superbia, del mio egoismo… è di queste cose concrete, che ritrovo in me, che ho bisogno di essere perdonato dal Signore. Con la massima fiducia, perché la grande realtà della nostra vita di cristiani è proprio il perdono di Dio. Noi crediamo che Dio ci ama nonostante le nostre trasgressioni, le nostre cattiverie, i nostri peccati – purché di questo chiediamo perdono. Ecco il primo interrogativo: siamo davvero convinti di aver bisogno del perdono del Signore, o ci riteniamo comunque bravi e buoni?

Però c’è sempre quell’aiuto da dare a Dio, che consiste nel mio perdonare agli altri.. Ed ecco allora il secondo interrogativo: ma che cosa ho da perdonare agli altri?

Forse non abbiamo subito grosse ingiustizie o grosse offese, e quindi ci sembra che non c’è niente da perdonare. Ma anche in questo caso occorre essere sinceri e concreti. Succede che qualcuno faccia qualcosa che mi urta, che mi infastidisce, che mi irrita… Anche qui si esercita il perdono. Che di solito non è necessario esprimere a parole – è sufficiente un comportamento che sa passar sopra, senza far pesare, purché accompagnato da un perdono interiore.

E c’è la faccenda del “quante volte”. Pietro riteneva il massimo della generosità sette volte, e infatti se penso a me, mi ritengo bravo se perdono una, due volte, ma la terza!… Addirittura sette volte!

Pietro si sente rispondere: moltiplica per settanta! Vale a dire: per il perdono, non devi tenere la contabilità. Il perdono è un’attuazione del voler bene – e nel voler bene, nel volere il bene, nel fare il bene (e questo è essenziale per il cristiano), non si fanno calcoli. L’amore per essere vero – lo sappiamo – ha da essere gratuito. Ebbene, è così, è anche così, con il nostro perdono, che noi diamo un aiuto a Dio, perché realizzi in noi quel bene che lui vuole per noi.

 

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