Nov 112016
 

donmarioalbertiniLa venuta del Signore è presentata dal Vangelo come compimento e liberazione. Questo futuro di speranza, però, impegna ogni cristiano autentico nel collaborare a vivificare il presente attraverso la sua personale e comunitaria testimonianza. Al centro di questo dinamismo, infatti, la chiesa ha un ruolo essenziale, in quanto popolo di Dio e corpo di Cristo. Di giudizio ci parla la prima lettura: una prospettiva reale, legata al “sole di giustizia” che sorgerà per noi, e che perciò non va vissuta come motivo di spavento, ma come stimolo a prendere sul serio la vita davanti a Dio. Pari serietà è raccomandata da Paolo nella seconda lettura: una serietà di vita che si esprime anche nell’onesto lavoro. Paolo insegna, a partire dal suo esempio, che il cristiano non può perdere nell’ozio inutile e dissipante il tempo che Dio gli offre, ma è chiamato a impegnare le proprie capacità per l’utilità di tutti.

E’ una catastrofe, quella annunciata dal vangelo di oggi, ma a capirla bene è una buona catastrofe! – e la prima lettura ci aiuta a capirla così: il giorno del Signore sarà “un giorno rovente” per coloro che commettono ingiustizia, ma “per voi, (speriamo di essere noi, questi) per voi cultori del mio nome, sorgerà il sole di giustizia”. Come dire: per voi, se mi sarete fedeli, tutto sarà per il bene.

Di fronte al tempio di Gerusalemme, che era un vero capolavoro, e che era considerato indistruttibile, Gesù dice a quelli che gli stavano dattorno e che, come lui, si erano fermati a contemplare quell’edificio: “Di tutto quello che ammirate, non resterà pietra su pietra”.

E’ così: il mondo passa, e prima ancora passano le opere che l’umanità ha saputo edificare. Noi diciamo immortali, eterne, le opere d’arte: la musica di Bach, la poesia di Dante, la scultura di Michelangelo… Esse possono resistere per millenni all’usura del tempo, eppure sappiamo che verrà l’ora in cui tutto finirà.

Ma sarà proprio la fine totale, assoluta? No, non può essere così, non può essere che tutto finisca in modo assoluto; c’è in noi un desiderio di vita, il desiderio che l’amore non venga meno, che l’aspirazione al bene e alla felicità trovi risposta… Qualcosa di mirabile dovrà aver luogo, così che la fine non sia la fine ma un inizio; così che il transitorio, il passeggero entri nella prospettiva dell’eterno, che noi entreremo nella prospettiva dell’eterno. Ebbene, Gesù ci dice che questo avverrà. Purché ci lasciamo afferrare e trascinare dalla mano di Dio: “nemmeno un capello del vostro capo perirà!”. Di conseguenza noi dobbiamo comportarci sapendoci persone di eternità. Come?

“Con la vostra perseveranza sarete salvati”- dice ancora il Signore con una espressione che dà motivo sicuro alla speranza.

La perseveranza è il rimanere fedeli alla parola di Dio senza lasciarsi ingannare da illusorie previsioni o vuote promesse, senza aver paura di difficoltà o tradimenti, procedendo giorno dopo giorno senza perdere la fiducia nella dolce pietà di Dio.

E allora: va’ a casa, stasera, e rinnova il tuo affetto verso i tuoi famigliari, vivi in armonia con i vicini, aiuta chi ha bisogno, prendi sul serio il tuo lavoro, lo studio, i rapporti con gli altri… Se vuoi bene al prossimo e fai bene quello che spetta a te, vuol dire che il tuo cuore appartiene all’eternità, appartiene a Dio.

Tutto passa, non rimarrà pietra su pietra, eppure il bene che facciamo, il bene che vogliamo, no, non passano, perché Dio li riconosce, li assume, dà loro un valore che non avrà fine. Va’ a casa, stasera, e pensa che la tua vita e la vita dei tuoi cari sono importanti agli occhi di Dio, di Dio che ci vuole bene.

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