Set 092016
 

Mazzolari Primo01Don Primo Mazzolari, lo si ricorda anche attraverso uno degli scritti che maggiormente lo rappresenta: La più bella avventura. Sulla traccia del «prodigo», del 1934. Il sottotitolo rimanda al tema sviluppato dalla parabola di Luca al capitolo quindici: comunemente conosciuta come Parabola del figlio prodigo, nella recente traduzione della Bibbia viene presentata come Parabola del Padre misericordioso. Il suggestivo titolo, La più bella avventura, dice l’esperienza che fa del cristianesimo una religione della confidenza e dell’abbandono: gettarsi nelle braccia del Padre è sempre possibile, da qualsiasi lontananza (di peccato, di trasgressione, di indifferenza) si provenga.

Il libro segue l’andamento della parabola. Al centro sta la casa del Padre, un luogo che è tutto fuorché una prigione: è infatti luogo di libertà, di scelte, di passioni, di fughe magari sbattendo la porta, di ritorni impensati, ma anche di tradimenti consumati senza muovere un passo da lì, di diserzioni del cuore. Non c’è solo chi sbaglia perché se ne va, c’è chi resta cullandosi nell’auto-glorificazione e non risparmiando critiche feroci ai fratelli, e che, ritenendosi già meritevole, non può di fatto assaporare la misericordia del Padre. Anzi, di più, il fratello maggiore, quello che non ha mai abbandonato la casa paterna, è colui che più dubita che l’amore del Padre possa renderlo davvero felice: lamenta di non aver ricevuto «un capretto per fare festa con gli amici», neppure sfiorato dal sospetto che in casa tutto è suo.

Mazzolari rileva come ogni lettore, spontaneamente, simpatizzi per il fratello più piccolo, non comunque per attrazione verso il male, quanto piuttosto perché la sua «è la nostra storia: quella di ogni allontanamento, di ogni esilio, di ogni ritorno». Insomma «simpatizzare col Prodigo è riconoscere inconsapevolmente il mistero della redenzione». Che non è fatto di forzature, perché il Padre che scruta i passi lontani di ogni suo figlio non può che attendere i morsi della fame («Qui io muoio di fame» ammette tra sé e sé il minore) e finalmente il viaggio verso un abbraccio che mai si nega. La parabola continua… Anche noi «ogni giorno ci svegliamo schiavi per addormentarci la sera un po’ più figliuoli sul guanciale della divina paternità». E l’avventura si ripete, sempre più bella.

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