Feb 062017
 

Fotosearch_k3695060Gabriella Caramore & Maurizio Ciampa – La vita non è il male.

«Fra bene e male i confini restano labili. E veloci i passaggi dall’uno all’altro». È una delle numerose e stimolanti riflessioni chiave del tessuto narrativo, sulle tracce del bene, che gli Autori, perseguono, con un’efficace e approfondita ricerca di pensieri e di gesti, di alta umanità, in un tempo di inquietante violenza e di spaesamento. «La vita non è il male», come è scritto in Vita e destino, capolavoro del grande scrittore russo, di origine ebraica, Vasilij Grossman.

Gli Autori vi colgono il punto centrale per un possibile percorso di senso e prendono il largo, nel mare tempestoso degli eventi drammatici dei nostri giorni, nelle opere antiche e contemporanee, per ripescare le perle nascoste del bene che il bagliore mediatico e l’affannoso nostro vivere, probabilmente, rendono irrilevanti. Anche perché, a differenza del male, sostengono: «il bene ha un suono più tenue. Ha il passo leggero, ci sfiora e spesso non ce ne accorgiamo… il bene è sommesso. Parla sottovoce. Ammantato di pudore, non riempie le cronache, non urla nelle piazze…».  I Nostri pongono interrogativi, per così dire, capovolti, rispetto al tradizionale «Unde malum?» Si chiedono: «Dove si rifugia il bene? Dove si nasconde? Dove sopravvive? In quale punto, in quale passaggio della nostra esperienza si manifesta? Appartiene al fluttuante gioco del destino? È frutto della casualità che sovrasta ogni vita? È un dono trovato sulla soglia della nostra casa? O, al contrario, va costruito passo dopo passo, giorno per giorno, coltivandolo dentro di noi come una misura interiore?».

Alla luce di tale problematica critica, viene disegnata una mappa di eventi nei quali irrompono, gli eroi «inconsapevoli» i testimoni che inceppano la macchina del male. È il caso del giovane musulmano del Mali, Lassana Bathily, che, durante l’assalto dei terroristi, a Parigi, nel supermercato kosher, con una decisione fulminea, spegne la cella frigorifera e, in essa, salva gli ostaggi. Quando gli verrà conferita solennemente la nazionalità francese, dopo nove anni dal suo ingresso clandestino, dirà: «La gente mi prende per un eroe… io sono Lassana e resterò me stesso, il mio cuore ha parlato e mi ha fatto agire».

E quando la violenza disumana spezza la vita e il sogno di chi amava il mondo e voleva migliorarlo, con il contributo degli studi scientifici e sociali, come l’eroico Giulio Regeni, che cosa si può rispondere? Gli Autori riaffermano, con ostinata speranza: «La vita non è il male». Credo, a mio modesto parere, senza alcuna piaggeria, che il lavoro di Gabriella Caramore e di Maurizio Ciampa meriti di essere esplorato, lungo la feconda pista, dai giovani e dai formatori, insegnanti di religione compresi.

 

 

 

 

 

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