Apr 202024
 

In ascolto di colui che dà la vita. Il nome di Dio, nel testo biblico, è legato a una storia di alleanza e di fedeltà. Questo nome, dopo la risurrezione, è quello di Gesù, il buon Pastore che dona la propria vita per portare in salvo le proprie pecore.

La seconda lettura della Messa si apre con la straordinaria affermazione, tante volte sentita ma sempre  stupefacente, che in forza del “grande amore che ci ha dato il  Padre” noi siamo “chiamati figli di Dio, e lo siamo  realmente!” Sì, nonostante tutto, sono figlio di Dio e lui,  Dio, pensa proprio a me e mi vuole bene, perché gli sono  figlio. 

 E’ un’affermazione che sembra paradossale, ma dentro di  noi ha una risonanza profonda, corrisponde alla nostra  aspirazione di una vita aperta al bene e all’eterno e quindi  non dominata dal male né limitata dalla morte;  all’aspirazione di saper amare e di essere amati con  pienezza, con purezza, da Qualcuno che riempia davvero la  nostra vita. E se è vero che siamo figli di Dio, se è vero che  Dio ci conosce e ci vuole bene, allora queste aspirazioni non  sono vuote, non sono vane, ma possono raggiungere il loro  obiettivo. 

 Questa affermazione che troviamo nella seconda lettura è  l’esplicitazione di quanto è rivelato da tutto il vangelo, anche  nel brano che leggiamo quest’oggi. 

 Gesù parla di se stesso come dell’unico vero Pastore. Nella  Chiesa sono detti pastori il Papa, i Vescovi e anche i preti,  ma ogni ministero di pastore nella chiesa è autentico soltanto  se rende presente Lui, Gesù. 

 Ebbene, proprio perché Pastore vero e buono, Gesù dice di  conoscere le sue pecore una per una. Noi siamo conosciuti  da Gesù; sembra una cosa da niente, e invece è  importantissima. In altra occasione Gesù ha detto: “Molti mi  diranno in quel giorno: Signore, Signore! … Io però dichiarerò loro: Non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da  me!” (Mt 7,22s). Ecco cosa significherebbe se Gesù ci  dicesse: Non vi conosco!, sarebbe l’eterna lontananza da lui.  Ma ci conosce, così come siamo, ed offre la vita per la  nostra salvezza, e solo in Lui e “in nessun altro c’è salvezza”  (è detto nella prima lettura).  

Siamo conosciuti dal Signore, ma noi conosciamo Lui?  Il riferimento all’unico vero Pastore è occasione  anche per pregare per quanti il Signore ha chiamati o chiama  a rendere presente attraverso i tempi la sua missione di  salvezza; in primo luogo perché abbiano lo stesso amore e lo  stesso spirito di sacrificio che fu di Gesù, e poi anche perché  siano in numero sufficiente. A proposito: avete mai pregato nominativamente per  i preti di vostra conoscenza?

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