La parabola del ricco “epulone” narrata dal Vangelo non può legittimare atteggiamenti fatalistici o strutture economiche consolidate in cui i ricchi diventano sempre più ricchi a danno dei poveri resi sempre più poveri. Questa legittimazione sarebbe una caricatura del vangelo: qui un ricco egoista, intento a godersi i piaceri della vita, non riesce a vedere le sofferenze di chi giace alla sua porta. Gesù denuncia tale cecità e la chiusura a cui la ricchezza fatta idolo può portare. Allo stesso modo l’“orgia dei dissoluti”, di cui parla la prima lettura, rivela la non disponibilità ad accogliere la parola di Dio come criterio del vivere e porta in sé il giudizio di condanna: non c’è insulto maggiore alla condizione dei poveri del lusso sfrenato esibito dai ricchi. A sua volta Paolo, nella seconda lettura, oppone all’ideale di vita dei falsi cristiani il modello del vero discepolo di Cristo, esempio di quella fede di cui ha fatto professione e nella quale persevera anche in mezzo alle difficoltà.
Allora “c’era un ricco e c’era un povero”, ma oggi “ci sono tanti ricchi (e dobbiamo sentirci così anche noi!), che non si accorgono dei tanti poveri sempre più poveri che stanno alla porta.”