Set 232023
 

La bontà e la giustizia di Dio. La singolarità di Gesù sta nell’immagine sorprendente di Dio che ci hs rivelato, il volto del Padre che solo il Figlio può comunicare. È questa alterità di Dio e la sua infinita misericordia, che ritroviamo prima nei profeti e poi nelle parabole di Gesù.

Avremmo protestato anche noi, come quel tizio, per il  modo di fare di quel datore di lavoro. Nella vita sociale e  in particolare nei contratti di lavoro i rapporti devono  essere regolati dalla cosiddetta giustizia distributiva;  soprattutto in materia economica.  

 Però la parabola insegna che ci sono ambiti che  possono e devono essere caratterizzati dalla gratuità, per  esempio l’amore, l’amicizia, la bontà. Questi ambiti  escono dall’universo del calcolo, e formano quello del  gratuito, cioè del voler bene e del fare il bene senza  pretendere un corrispettivo. Gratis, appunto. E’ bello  rendersi conto che quanto si fa per amore, è già una  ricompensa. 

 Soprattutto nella vita spirituale, ed è questa che  interessa a Gesù nell’esporre la parabola. Nei rapporti con  Dio il motivo del nostro agire non ha da essere l’attesa di  una ricompensa, quaggiù o nell’aldilà, anche se questa  speranza ci è di sostegno – ma capire che essere in  rapporto con il Signore è bello.  

 E’ questo il significato della domanda con cui termina  la pagina del vangelo: “Amico, sei invidioso perché io  sono buono?”.  

 Il padrone della vigna al bracciante, che mormora  contro di lui, chiede: La tua è esigenza di giustizia, o non  è piuttosto invidia verso gli altri, e quindi incomprensione  nei miei riguardi perché li tratto bene? 

 Dalla parabola arriva a noi l’invito a riconoscere che  Dio è stato ed è buono con noi, e perciò ad accettare ed essere contenti che sugli altri si riversi quella stessa  bontà. Io ho troppo ricevuto da lui, per protestare perché  si dimostra buono verso gli altri. 

 A rifletterci bene, tutto dipende da come pensiamo Dio.  Lo pensiamo come un padrone esigente, o come un vero  Padre? Gesù ce lo ha rivelato così: Padre suo, e Padre  nostro. Non lo chiamiamo così nella preghiera? 

 Ma la parabola ci dice pure che Dio si aspetta che  lavoriamo per lui e con lui, e che la sua proposta di lavoro  la rinnova in vari momenti della vita,, ma occorre  impegnarsi prima che la giornata finisca. E’ rischioso  attendere l’ultima ora. Esorta il profeta (nella prima  lettura): “Cercate il Signore mentre si fa trovare”, perché  può avvenire che, se non c’è riscontro da parte nostra, a  un certo punto si tiri indietro per sempre. Cercate il Signore. 

 Cercare è un verbo bellissimo. Tutti siamo alla ricerca  della gioia, della bellezza, della verità, dell’amore; se lo  facciamo con cuore sincero e pulito significa che stiamo  cercando Dio. E lui, che è buono, si lascerà trovare.

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