Nov 192022
 

La croce, segno regale di salvezza. Il cuore della liturgia della Parola di quest’ultima domenica dell’anno liturgico ci insegna come guardare al Crocifisso, riconoscendo in lui il Salvatore e redentore, colui nel quale fin dall’inizio è pensata la creazione, il re unto da Dio, compimento della regalità di Davide.

   Cosa vuol dire in questa domenica, che chiude l’anno liturgico, celebrare Cristo re dell’universo? Vuol dire riconoscere che Cristo è il culmine della storia, il punto d’arrivo della storia di tutta l’umanità e delle nostre piccole storie, riconoscere che in lui, nel Cristo, tutto trova senso e pienezza. Le preghiere liturgiche di solito terminano con l’affermazione: “Egli vive e regna nei secoli dei secoli”; questa insistenza è per evidenziare che la regalità di Cristo non è un modo di dire, ma una realtà. Egli vive e regna

  La pagina evangelica scelta per oggi ci propone una scena particolare che ci fa riflettere su un aspetto di questa regalità; si tratta della scena della crocifissione. Non è difficile raffigurarcela, anche perché il Crocifisso è davanti ai nostri occhi. L’evangelista dispone i personaggi attorno alla croce in modo significativo:    c’è un primo gruppo, lontano, ed è il popolo che sta a vedere passivamente, forse per semplice curiosità;    poi ci sono i capi che lo deridono e i soldati che lo scherniscono; lo considerano un illuso da prendere in giro e un imbroglione da punire;    al centro ci sono tre croci: quella di Gesù, e ai lati quelle di due malfattori, e su quella di Gesù una scritta di disprezzo: Questi è il re dei giudei. 

   In questa scena si sentono delle voci: i soldati gli urlano: se sei il re dei giudei, adesso sàlvati!; e uno dei due malfattori esclama: se sei il Cristo, salva te stesso e anche noi… 

   Avete certo presente che all’inizio della sua vita pubblica, Gesù si sentì dire da Satana: se sei il Figlio di Dio, trasforma i sassi in pane, o compi qualche miracolo strepitoso come gettarti incolume giù dalla cima del tempio… Allora e adesso Gesù non dà peso alla sfida di quel “se sei…” 

   Ma c’è anche un’altra voce, una invocazione che non contiene il “se…”: “Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno”. Una invocazione che esprime fiducia e speranza, cui viene data una risposta di perdono e di pace, la risposta di uno che è davvero re di quel regno: “oggi con me sarai in paradiso”. Gesù esercita la sua regalità soprattutto nel dare perdono.  

   E noi, in quella scena dove ci mettiamo? Certo non tra coloro che insultano il Cristo, ma forse, forse, tra il popolo che si limita a guardare da lontano. Penso che ci dobbiamo tutti scuotere un po’, e dare un contenuto chiaro alla nostra fede nel Crocifisso, che è Cristo Re. 

   Nella preghiera del prefazio, che dirò tra poco, è affermato che Gesù Cristo è re di un “regno di verità e di vita, di santità e di grazia, di giustizia, di amore e di pace”. Certo un regno così ha la sua piena realizzazione soltanto nell’aldilà – ma il contenuto concreto della nostra fede consiste nell’impegno a rendere presenti nel nostro ambiente verità, giustizia, amore, pace – con la fiducia che ebbe il ladrone in croce, che cioè il male si può superare, che gli ideali di bene si possono attuare, con l’aiuto di Dio. 

   Ed è proprio al Crocifisso che ci rivolgiamo nella festa di Cristo Re. E anche noi possiamo dirgli: “ricòrdati di me”, in quell’oggi che tu vorrai, – fiduciosi di sentirci rispondere:  ”sì, sarai con me in paradiso”. 

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