Ott 082022
 

SPETTA

AI GIOVANI PORTARE

NUOVI FRUTTI

E’ il 26 luglio. La Chiesa fa memoria dei santi Anna e Gioacchino, i “nonni” di Gesù. Papa Francesco ha voluto che il suo “pellegrinaggio penitenziale” si svolgesse in occasione di questa festa liturgica. Anche per la grande devozione che i nativi nordamericani nutrono nei confronti della mamma di Maria. Così l’omelia per la Messa celebrata nel grande Commonwealth Stadium è un grande inno ai nonni.

E’ grazie ai nonni, ribadisce il Papa, che “abbiamo ricevuto una carezza da parte della storia che ci ha preceduto: abbiamo imparato che il bene, la tenerezza e la saggezza sono radici salde dell’umanità”. Nella casa dei nonni “abbiamo respirato il profumo del Vangelo, la forza di una fede che ha il sapore di casa”. Grazie a loro “abbiamo scoperto una fede familiare, domestica”. “Sì, perché – insiste – la fede si comunica essenzialmente così, si comunica “in dialetto”, si comunica attraverso l’affetto e l’incoraggiamento, la cura e la vicinanza”. “Gioacchino e Anna – esorta Francesco – intercedano per noi: ci aiutino a custodire la storia che ci ha generato e a costruire una storia generativa:”. Ci ricordano “l’importanza spirituale di onorare i nostri nonni e i nostri anziani, di fare tesoro della loro presenza per costruire un avvenire migliore”. Un avvenire “dove gli anziani non vengono scartati perché funzionalmente non servono più’ “. Un avvenire “che non giudichi il valore delle persone solo da quanto producono”. Un avvenire “che non sia indifferente verso chi, ormai avanti con l’età, ha bisogno di più tempo, ascolto e attenzione”. Un avvenire “in cui per nessuno si ripeta la storia di violenza ed emarginazione subita dai nostri fratelli e sorelle indigeni”. “I nostri nonni e i nostri anziani – aggiunge Francesco – hanno desiderato vedere un mondo più giusto, più fraterno e più solidale e hanno lottato per darci un futuro”. Ora “tocca a noi non deluderli”. Così “sostenuti da loro, che sono le nostre radici, tocca a noi portare frutto”. Siamo noi “i rami che devono fiorire e immettere semi nuovi nella storia”. Con una precisazione particolarmente cara a Francesco: “La vera tradizione si esprime in questa dimensione verticale; dal basso verso l’alto”. Quindi “attenti a non cadere nella caricatura della tradizione, che non si muove in una linea verticale – dalle radice ai frutti – ma in una linea orizzontale – avanti/indietro – che ci porta alla cultura dell’ “indietrismo” come rifugio egoistico; e che non fa altro che incasellare il presente e conservarlo nella logica del “si è sempre fatto così”. La Messa al Commonwealth Stadium inizia verso le 10 (le 18 in Italia). Ieri è stata una giornata piovosa qui ad Edmonton. Ora gli ombrelli servono a ripararsi dal sole che buca le nuvole. Fa caldo, ma non come in Italia. Prima Francesco effettua un giro in papamobile per salutare i circa 50mila fedeli accorsi. Nonostante il ginocchio malandato che lo costringe sulla sedia a rotelle, più volte si alza in piedi per accarezzare i bambini che gli vengono portati dai gendarmi che lo accompagnano. Francesco presiede il rito rimanendo seduto. La mattinata canadese del Papa arriva dopo che nel pomeriggio canadese di ieri, quando in Italia era ormai notte inoltrata, il Papa ha avuto il secondo incontro di lunedì con i nativi, presso la chiesa del Sacro Cuore di Edmonton. A loro ribadisce un concetto già espresso nella mattinata di lunedì a Maskavas, quando “con vergogna e chiarezza” ha chiesto “umilmente perdono” per “il male commesso da tanti cristiani contro le popolazioni indigene” specialmente nella gestione, per conto del governo, delle cosiddette scuole residenziali. Parole accolte con grande soddisfazione dai nativi canadesi. “Mi ferisce – ribadisce nella parrocchia del Sacro Cuore – pensare che dei cattolici abbiano contribuito alle politiche di assimilazione e affrancamento che veicolano un senso di inferiorità, derubando comunità e persone delle loro identità culturali e spirituali, recidendo le loro radici e alimentando atteggiamenti pregiudizievoli e discriminatori, e che ciò sia stato fatto anche in nome di un’educazione che si supponeva cristiana”. L’educazione invece, afferma, “deve partire sempre dal rispetto e dalla promozione dei talenti che già ci sono nelle persone”. Così “non è e non può mai esser qualcosa di preconfezionato da imporre, perché educare è l’avventura di esplorare e scoprire insieme il mistero della vita”. Il Signore “non sostiene con il suo Spirito chi assoggetta gli altri, chi confonde il Vangelo della riconciliazione con il proselitismo”. Perché “non si può annunciare Dio in un modo contrario a Dio”. “Eppure quante volte è successo nella storia!”, commenta amaramente. Infatti “mentre Dio semplicemente e umilmente si propone, noi abbiamo sempre la tentazione di imporlo e di imporci in suo nome”. La via da percorrere invece, indica infine Francesco, è “non decidere per gli altri, non incasellare tutti all’interno di schemi prestabiliti” ma “mettersi davanti al Crocifisso e davanti al fratello per imparare a camminare insieme”.  Terminata la celebrazione Francesco uscendo benedice la statua di santa Kateri Tekakwitha, la prima nativa nordamericana canonizzata. E poi con un fuori programma che mette nel panico gli addetti alla sicurezza si avvicina, sempre nella sedia a rotelle, ad un gruppo di fedeli, perlopiù di origine latinoamericana, che lo invocano ad alta voce da dietro le transenne. Questo nel pomeriggio canadese di lunedì. Oggi (ieri per chi legge) il secondo appuntamento della giornata, dopo la Messa al Commonwealth Stadium è particolarmente suggestivo. Sempre all’insegna della “nonna” di Gesù. Alle 16 ( mezzanotte in Italia) Francesco partecipa al tradizionale pellegrinaggio dei nativi nordamericani nel lago di Sant’Anna, una settantina di chilometri ad Ovest di Edmonton.

Di G. Cardinale da Avvenire del 27 luglio 2022

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