Feb 052022
 

La Giornata della Presentazione di Gesù al tempio serve anche a sollecitare la purificazione della vita consacrata. Nel tempo in cui si avverte la mancanza di trascendenza, la testimonianza dei consigli evangelici, la vita di preghiera, di fraternità e di solidarietà devono potere bussare all’indifferenza di molti.

Doroteo di Gaza, autorevole padre della Chiesa del VI secolo, paragonava la vita consacrata a un cerchio con al centro Dio, verso il quale convergono tanti raggi quante sono le maniere di vivere degli uomini. Diceva: “Quando coloro che desiderano avvicinarsi a Dio si dirigono verso il centro del cerchio si avvicinano anche gli uni agli altri oltre che verso Dio. Più si avvicinano a Dio, più si avvicinano gli uni agli altri. E più si avvicinano gli uni agli altri più si avvicinano a Dio”.

Avvicinarsi a Dio spiritualmente è infatti l’esercizio quotidiano dei consacrati, che lungo la strada si fanno prossimi dei più bisognosi.

Giovanni Paolo II nell’istituire, 26 anni fa, la Giornata mondiale della vita consacrata scelse non a caso la data del 2 febbraio, giorno in cui la Chiesa celebra la Presentazione di Gesù al Tempio, chiamata “festa dell’incontro” dalla Chiesa d’Oriente. L’incontro avvenuto nel Tempio di Gerusalemme tra la Santa Famiglia e il santo vecchio Simeone, che ispirato da Dio vede in Gesù la “luce per illuminare le genti”, scoprendo così l’avverarsi delle promesse fatte da Dio al popolo ebraico. All’attenzione sull’incontro la Chiesa d’Occidente preferisce evidenziare la luce che Gesù è venuto a portare nei cuori. Il termine Candelora con cui popolarmente viene chiamata questa festa e la tradizionale benedizione delle candele, parlano da sé: in epoca precristiana febbraio era considerato un mese purificatorio.

I romani festeggiavano i Lupercali in onore del dio Fauno perché proteggesse dai lupi il loro bestiame. Oggi a queste circostanze e considerazioni si aggiunge un proverbio che mette in relazione il 2 febbraio con i cambiamenti climatici: “Alla Candelora de l’inverno semo fora, ma se piove e tira vento dell’inverno semo dentro”!.

Una data quella del 2 febbraio che perciò si presta a molte interpretazioni e nella quale trova spazio una riflessione anche sul cammino nella storia dei consacrati verso Dio. “La presenza dei religiosi nel mondo è segno di gioia. Quella gioia che scaturisce dall’esperienza intima di Dio” ha scritto papa Francesco nel messaggio rivolto ai consacrati nel 2019. Ma è assai difficile che la società secolarizzata possa, con immediatezza, riconoscere il primato di Dio nella vita di una persona, anche se il pensiero laico per certi aspetti non ne chiude la porta. “La società non potrebbe esistere se alcuni dei suoi membri non si votassero a un fine contemplativo e di ricerca” diceva Umberto Eco. Riesce però più facile a tutti capire il servizio che i consacrati compiono nella Chiesa, di cui sono l’anima profetica nella difesa della vita, nella cura degli emarginati, nell’educazione dei giovani, nell’uso dei media. La Chiesa deve molto dei suoi servizi ai consacrati, anche ora che le loro fila si stanno riducendo e molte loro opere si stanno chiudendo. “I tempi sono cambiati – dice ancora papa Francesco – e le nostre risposte devono essere diverse”. Sarebbe, però, riduttivo parlare della vita consacrata solo in termini numerici, anche perché alla crisi di vocazioni che attraversa l’Europa e l’America del Nord, fanno da contrappeso cifre positive in Africa, in Asia e in America Latina. Inoltre la storia conferma che la vita consacrata, perfino nelle epoche più buie, è stata capace di reinventarsi, salvando i suoi connotati. E’ accaduto, per esempio, nell’Ottocento, in seguito alla soppressione degli ordini religiosi.

La Giornata della Presentazione di Gesù al tempio serve perciò anche a sollecitare la purificazione della vita consacrata. Nel tempo in cui si avverte la mancanza di trascendenza, la testimonianza dei consigli evangelici, la vita di preghiera, di fraternità e di solidarietà devono potere bussare all’indifferenza di molti. “Le claustrali sono come gli astronauti su un satellite: a vederle pregare sembra che l’universo giri intorno a loro”. Chi parla non è un Padre della Chiesa, ma la regista Liliana Cavani dopo avere girato, all’interno del monastero delle clarisse di Urbino, un documentario apprezzato alla Mostra del Cinema di Venezia del 2012.

Di V. Magno, da Avvenire del 3 febbraio 2022

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