Mag 012021
 

Chiamati a portare i frutti della risurrezione. Gesù Cristo è la vite sempre feconda. Noi i tralci, chiamati a portare frutto rimanendo in lui, seguendo il suo comandamento e annunciando il suo Vangelo.

Commento di don Mario Albertini

Anche Gesù ha fatto testamento. Come eredità concreta ha  lasciato se stesso nell’eucaristia. Ma ha lasciato anche un  testamento spirituale, e sono le parole rivolte agli apostoli  prima dell’ultima cena con loro. 

 Ne fa parte pure quanto leggiamo nella Messa di oggi. Io  sono la vera vite, egli dice, e voi i tralci. Ma ci sono tralci  buoni e altri invece secchi o inutili, sui quali interviene  l’agricoltore per eliminare quelli secchi e per snellire e  orientare quelli buoni. Ora, se volete essere tralci che portino  frutto e non siano da tagliare la condizione è una sola: che  siate uniti a me; l’agricoltore, che è il Padre mio, saprà  valutare e intervenire.  Le parole di Gesù giungono a noi, e ci costringono a  chiederci se siamo in vitale rapporto con il Signore come lo  sono i tralci con il tronco della vite.. 

 Rimanete in me e io in voi – dice. Il verbo ‘rimanere’ è  ripetuto per ben sette volte, in questo brano, e sta ad indicare  una relazione viva, una comunione, un vicendevole dono tra  Dio e me. Sì, perché anch’io posso donare qualche cosa a  Dio: la mia fede e il mio amore! 

 E Gesù completa: Se rimanete in me, porterete frutto. La  forza, l’intensità di quel ‘se’ rinvia alla nostra libertà, è  l’appello a un atto di libera risposta. La libertà non si misura  dalla quantità dei no che diciamo, ma dalla qualità e finalità  dei sì. Ora, quale maggiore nobiltà di un sì detto a Dio? Da  esso dipende il rimanere in Gesù e il portare molto frutto. 

Ma c’è un criterio che ci permetta di sapere se siamo nel  Signore? San Giovanni nella seconda lettura ritorna su un concetto spesso ripetuto: tutto dipende dal fatto se sappiamo  amare non semplicemente a parole e con la lingua, ma coi  fatti e nella verità. Infatti, dice, chi osserva il  comandamento della carità dimora in Dio ed egli in lui. 

Una comunione reale con Dio si esprime in una preghiera  sentita ed efficace: Se rimanete in me e le mie parole  rimangono in voi – è ancora Gesù che parla – chiedete quel  che volete e vi sarà dato. Perché allora sapremo domandare  quello che è per il vero bene nostro e degli altri. 

Ma dobbiamo chiederci: io so vivere davvero in unione a  Dio? so pregare nel modo giusto? E se la coscienza ci  rimprovera, questo deve essere non motivo di rinuncia, di  lasciar perdere, ma una spinta per fondare la nostra fiducia  soltanto in Dio, che è più grande del nostro cuore.  Cerchiamo la pace del cuore in Dio. 

Ho cominciato con il dire che tutto questo fa parte del  testamento spirituale di Gesù. Che possiamo riassumere in  quel verbo ripetuto: rimanere. Rimanere in Gesù, rimanere  in Dio. Che lui ci aiuti.

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