Feb 062021
 

Una fragilità custodita da Dio. Il libro di Giobbe ci richiama alla fragilità e a “l’insostenibile leggerezza” della nostra vita. Tuttavia, i gesti d’amore di Gesù, narrati nel vangelo, ci rivelano una presenza salvifica e benevola di Dio che sempre ci custodisce e ci dona una nuova speranza. 

Commento di don Mario Albertini 

Gesù dice agli apostoli: andiamo altrove. Noi non  vogliamo che nei nostri confronti dica: vado altrove. E di  fatto il Signore non va lontano da noi: è con noi, qui e  sempre. E la pagina del Vangelo ci conferma che è con  noi perché lui è presente là dove si soffre e con chi prega. 

 Anzitutto la presenza del Signore là dove si soffre.  Tutto il Vangelo ci dice che Gesù è là dove c’è la  sofferenza fisica o morale: gli portano i malati e lui li  guarisce; gli si avvicinano i peccatori e lui dona il  perdono. E nell’episodio di oggi c’è quel significativo  gesto di Gesù: la fece alzare prendendola per mano.  Prendere per mano è un gesto di comprensione, di aiuto,  di incoraggiamento, e Gesù lo compie altre volte, con  semplicità. Perché lui è in contatto con il dolore altrui,  finché anch’egli dovrà affrontare una passione e una  morte violenta sulla croce. 

 Questo ci insegna che la sofferenza non è voluta  direttamente da Dio, e tuttavia essa entra nel misterioso  disegno della creazione e della redenzione; noi dobbiamo  scorgere sempre presenti, nonostante tutto, la  misericordia e l’amore di Dio, e con questo sentimento  accettare le nostre sofferenze e saperci chinare sul dolore  altrui per alleviarlo. 

 E poi la preghiera. All’inizio nella pagina del vangelo è  detto che Gesù era stato alla sinagoga, luogo del culto  ebraico, e alla fine che si ritira in un luogo solitario per  pregare. Per Gesù la preghiera fa parte del ritmo regolare  della vita. Così dev’essere anche per noi, ricordando che  la preghiera non è tanto ripetere formule, quanto trovare momenti di contatto con il Signore per dirgli il nostro  grazie, per chiedergli perdono e aiuto, per lodare la sua  bontà onnipotente. Le formule, le preghiere che sappiamo  a memoria, sono molto belle e valide se però ci mettiamo  l’adesione interiore. 

 La preghiera per eccellenza è la Messa domenicale, che  non ha da essere questione di abitudine, ma  partecipazione sempre rinnovata nella fede e nella  riconoscenza. E dalla Messa dobbiamo trarre la capacità  di riconoscere la presenza del Signore anche fuori della  Chiesa, soprattutto in famiglia. 

 La conclusione del brano evangelico ci suggerisce una  terza cosa, collegata con le due già ricordate.  E’ detto che gli apostoli dicono a Gesù: Tutti ti cercano.  Ebbene: noi lo cerchiamo? Dobbiamo cercarlo non per  chiedergli dei miracoli, ma per trovare lui e la salvezza  dal male che lui ci dona. Cercarlo, o piuttosto lasciarci  trovare da lui accettando la sofferenza e con la preghiera.

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