Gen 252020
 

Quaresima01Domenica 26 gennaio è una data storica, un esordio assoluto. La Chiesa vivrà la prima “Domenica della Parola di Dio”, istituita da papa Francesco con la lettera apostolica Aperuit illis, firmata il 30 settembre, non a caso nella memoria liturgica di san Girolamo, all’inizio del 1600° anniversario della morte del celebre traduttore della Bibbia in latino, il quale affermava: “L’ignoranza delle Scritture è ignoranza di Cristo”. La terza domenica del Tempo Ordinario sarà, da questo 2020 in poi, dedicata a favorire “la celebrazione, riflessione e divulgazione della Parola di Dio” all’interno, di “tutte le tue chiese che sono nel mondo intero”. Davvero c’era bisogno di un giorno specifico? Non sono tutte “domeniche della Parola”?  Il Papa, nella lettera apostolica con la quale indice questa nuova ricorrenza, vuole evitare fraintendimenti quando scrive: “Il giorno dedicato alla Bibbia vuole essere non “una volta all’anno”, ma una volta per tutto l’anno, perché abbiamo urgente necessità di diventare familiari e intimi della Sacra Scrittura e del Risorto, che non cessa di spezzare la Parola e il Pane nella comunità dei credenti”.

L’urgenza dell’ascoltoLa lettera Aperuit illis è tutta racchiusa in poche pagine, la si può leggere facilmente in pochi minuti. Vi si troverà un’insistenza particolare di Francesco sulla parola “urgente”. L’invito che ne scaturisce è l’urgenza e l’importanza che i credenti devono riservare all’ascolto della Parola del Signore sia nell’azione liturgica, sia nella preghiera e riflessione personali”. Un’urgenza che forse come popolo di Dio non sentiamo così impellente, se siamo costretti a farci spronare dal nostro Pastore. L’urgenza che il Papa ci consegna indica che dobbiamo accelerare il passo, affinchè la Parola possa davvero abitare le nostre case e passare di mano in mano nelle nostre comunità, e quindi incidere, lasciare il segno sulla vita dei credenti”. Per questo abbiamo bisogno di entrare in confidenza costante con la Sacra Scrittura, altrimenti il cuore resta freddo e gli occhi rimangono chiusi, colpiti come siamo da innumerevoli forme di cecità. L’accenno alla cecità è chiaro di per sé, il Santo Padre ci presenta, la conversione dei discepoli di Emmaus, quando il Risorto “cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui” (Lc 24,27).

In questo modo Gesù, aprì ai due delusi che si sentivano sconfitti della vita, smarriti, senza bussola…, “la mente per comprendere le Scritture” (Lc 24,45). Una condizione in cui in tanti possiamo trovarci, in determinate fasi della vita. “I discepoli volgono le spalle a Gerusalemme città di pace, prendono le distanze dalla passione e morte di Gesù, ne sono scandalizzati. Aperuit illis dice che il protagonista è Cristo. E’ lui che si fa compagno di strada aiutando a tornare a Gerusalemme, a ritrovare la via che porta alla pace. E’ lui l’esegeta per eccellenza, che sa parlare toccando il cuore dell’uomo. Se per leggere la storia, personale e sociale, prescindiamo dalla luce che ci viene dalla Parola, allora vedremo solo ciò che non va. Al contrario, a partire dalla prospettiva della fede potremo provare a orientare le tante croci che portiamo mettendole sotto la croce di Gesù. Forse lì troveranno maggiore senso, e non saranno un salto nel vuoto che distrugge e basta”.

La scrittura rende contemporaneiLa concretezza dell’azione di Dio si misura sul presente. Scrive papa Francesco: “Quando la Sacra Scrittura è letta nello stesso Spirito con cui è stata scritta, permane sempre nuova”. “Chi si nutre ogni giorno della Parola di Dio si fa, come Gesù, contemporaneo delle persone che incontra”. L’essere contemporanei al nostro tempo, è una dimensione che ci interpella. “E’ una sfida decisiva. La Parola interroga la vita proprio perché ci fa scendere alla sorgente della rivelazione, da cui attingiamo il nostro esistere. Se manca questo contatto vivo con la Scrittura rivelata all’interno della comunità, manca il motore, la spinta, il dinamismo, l’interesse, il senso di una missione nell’oggi. Forse abbiamo fatto di Gesù un personaggio troppo mite e sdolcinato. Gesù è  carico di pathos, pieno di zelo, e più leggiamo la Scrittura più capiamo come questo zelo lo animi sempre, nel quotidiano come nelle grandi scelte. Nella Parola attingiamo direttamente a questo pathos di Gesù, e solo da questo contatto veniamo trasformati”. Resta una domanda: da dove partire? Parlando dell’istituzione della “Domenica della Parola”, l’arcivescovo Rino Fisichella fa notare: “Purtroppo abbiamo un limite. Il nostro popolo ascolta la Parola di Dio solo quando si reca a Messa la domenica. Per il resto la Bibbia è il libro più diffuso ma anche quello più carico di polvere nelle nostre librerie di casa. Ben vengano dunque tutte le iniziative complementari a quelle della proclamazione liturgica, dove è Cristo stesso che ci parla”. Papa Francesco in questa domenica che deve durare  tutto l’anno ci esorta a “non assuefarsi mai alla Parola di Dio”, che richiama sempre in modo nuovo “all’amore misericordioso del Padre che chiede ai figli di vivere nella carità (…) la Parola di Dio è in grado di aprire i nostri occhi per permetterci di uscire dall’individualismo che conduce all’asfissia e alla sterilità mentre spalanca la strada della condivisione e della solidarietà”.

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