Gen 112020
 

fotosearch_k1703685La missione del Figlio. Nella memoria del battesimo di Gesù la liturgia ci richiama al nostro battesimo: come è stato per Gesù, anche a noi, figli nel Figlio, è affidata dal Padre una missione di rivelazione e di liberazione.

Commento di don Mario Albertini

“si aprirono i cieli”. Al giorno d’oggi il cielo lo possiamo considerare un libro aperto, esplorato com’è da telescopi potentissimi e da satelliti e sonde artificiali. Ma la frase del vangelo significa tutt’altra cosa.  Il “cielo” di cui si parla non sta ad indicare lo spazio, dove lo sguardo si perde, ma significa la trascendenza di Dio, il fatto cioè che Dio non è misurabile né dai nostri strumenti né dalla nostra intelligenza. Ebbene: “i cieli si aprirono” vuol dire che questo Dio, infinitamente altro da noi, si è fatto presente a Gesù nella sua umanità e gli si è totalmente comunicato.

   Ripensiamo all’episodio del vangelo, al battesimo che Gesù volle ricevere da Giovanni. Gesù è vissuto circa 33/35 anni, ma di trent’anni della sua esistenza le pagine del vangelo tacciono: una vita nell’anonimato, nel lavoro, condividendo la vita semplice e nascosta di sua madre, Maria e di Giuseppe. Solo per la durata di un decimo di quei trent’anni, cioè precisamente soltanto tre anni, conosciamo quello che Gesù fece e disse e patì. Eppure anche quei trent’anni appartengono all’opera di redenzione dell’umanità compiuta da Gesù: egli è causa della nostra salvezza anche con quel periodo di nascondimento, di raccoglimento.

   Gesù dunque riceve il battesimo di Giovanni, che era segno di penitenza e di purificazione. Non ne ha bisogno, perché senza peccato, ma vuole condividere le conseguenze dei peccati, tra le quali anche la penitenza che quel battesimo significava. Gesto di profonda umiltà, che ci insegna come sia necessario da parte nostra riconoscerci peccatori perché lo siamo, e chiedere perdono alla misericordia di Dio. Lo facciamo ripetutamente anche all’inizio della Messa, e in particolare nel sacramento della confessione, ma alle parole deve corrispondere la convinzione, e la conversione.

   Poi per l’appunto si aprirono i cieli: su Gesù scese lo Spirito Santo, e la voce dall’alto lo proclama figlio prediletto. Dalla profondità del mistero divino viene l’approvazione per la sua missione terrena.

   Ora, il battesimo di Gesù rinvia al nostro battesimo, perché anche per noi è avvenuto qualche cosa di analogo. Certo non avevamo commesso peccati personali, eppure eravamo solidali con il peccato dell’umanità, e il battesimo ne ha ottenuto la purificazione interiore. Non vi è stato nessun segno straordinario, non si è udita nessuna voce venire dal cielo, eppure in quel momento il rapporto di Dio con noi è diventato così stretto che anche di noi egli ha potuto dire e ogni giorno dice: sei mio figlio, ti voglio bene, voglio il tuo bene, io ti sono Padre.

   Dovremmo pensare un po’ di più al dono del battesimo, essere riconoscenti ai nostri genitori che hanno voluto farci partecipi della grazia di Dio, e rinnovare la nostra adesione fatta di fede e di comportamento, essere aperti e obbedienti all’invisibile azione di Dio in noi. Facciamo nostra la preghiera detta poco fa: “Padre, concedi ai tuoi figli, rinati dall’acqua e dallo Spirito (nel battesimo), di vivere sempre nel tuo amore”.

 

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