Lug 272019
 

paura05Una riflessione approfondita sul mondo del lavoro meriterebbe ben altro che lo spazio risicato di questo foglietto. Perché sulla centralità del lavoro nella vita degli uomini e delle donne, nei loro progetti familiari o personali, è lo stesso articolo 1 della nostra Costituzione a esprimersi senza fraintendimenti. Lo ha ribadito anche papa Francesco a Genova il 27 maggio 2017: “Il mondo del lavoro è una priorità umana. E pertanto, è una priorità cristiana […]. Perché viene da quel primo comando che Dio ha dato ad Adamo: Va’, fa’ crescere la terra, lavora la terra, dominala. C’è sempre stata un’amicizia tra la Chiesa e il lavoro, a partire da Gesù lavoratore. Dove c’è un lavoratore, lì c’è l’interesse e lo sguardo d’amore del Signore e della Chiesa”. Il lavoro non può essere perciò né merce di scambio per la dignità delle persone né oggetto di campagne di procacciamento voti.

Ne’, tanto meno, causa di discriminazioni tra persone o tra popoli.

E’ vero, però, che neppure il lavoro in quanto tale è un “idolo”, al quale sacrificare chicchessia o altre dimensioni fondamentali della persona umana, di ogni persona umana,

Già, seppur in altre epoche storiche, siamo arrivati a schiavitù, “lavoro che rende liberi” stampigliato sui cancelli di Auschwitz, campi di lavoro comunisti in Siberia o nella Cambogia dei khmer rossi. Ma anche a speculazioni finanziare, carrierismo e arrivismo, non rispetto dei diritti di nessuno in nome del profitto. A un tempo che diventa tutto “occupato”, senza il giusto spazio del riposo, della gratuità, della festa, degli affetti e delle relazioni con gli altri e con Dio.

Evidentemente, lo stesso potremmo dire di chi il lavoro purtroppo non ce l’ha: il denaro non dà la felicità, figuriamoci la miseria, diceva Woody Allen. 

Ha detto ancora il Papa: “Il lavoro crea dignità, i sussidi, invece, quando non legati la preciso obiettivo di ridare lavoro e occupazione, creano dipendenza e deresponsabilizzano”.

L’errore sarebbe quello di non aver capito che nel frattempo il mondo intero, anche quello del lavoro, è cambiato. 

E lo sarebbe anche non interrogarci sul livello dei nostri bisogni, sul tenore della nostra vita, sulla difesa dei nostri privilegi a qualsiasi prezzo, sull’ingordigia consumistica. Su che solidarietà e corresponsabilità siamo disposti a metterci in gioco?

 

Sorry, the comment form is closed at this time.