Nov 032018
 

donmarioalbertiniL’amore che salva. Allo scriba che gli doman- da un criterio semplice ed efficace per sapere come trovare Dio, Gesù risponde indicando l’unico comandamento: amare insieme Dio e il pros- simo. La chiesa cristiana è oggi chiamata ad essere “sacramento”, segno efficace di questo comandamento

Commento di don Mario Albertini

Se c’è una pagina del vangelo che conosciamo bene, è questa. Se c’è una pagina del vangelo che va messa in pratica ogni giorno, è questa. Tutto l’esempio e l’insegnamento di Gesù, trova qui la sua sintesi, e tutta la vita cristiana trova qui la sua applicazione quotidiana: amore a Dio e amore al prossimo.

Gesù riprende dall’Antico Testamento le parole riportate dalla prima lettura, e comincia dicendo: ASCOLTA. È il verbo della confidenza, come quando un genitore dice al figlio: ascoltami! ascolta bene… Confidenza, ma anche la premessa a una cosa importante: fa’ bene attenzione a quello che sto per dirti, e poi mettilo in pratica..

Ascolta: questa sera è detto a noi; a ciascuno di noi. Ma chi è che ci interpella così? “Il Signore Dio nostro, che è l’unico Signore”.

Cosa vuol dire “UNICO Signore”? Non è solo l’affermazione dell’unicità di Dio; è anche il termine proprio del linguaggio dell’amore. “Tu sei l’unico per me” – “Tu sei l’unica per me” si dicono a vicenda i fidanzati. Il Signore nostro ci domanda di considerarlo l’unico.

E’ un atto di fede, che siamo invitati a fare, ma anche un atto di fiducia. Dio si rivolge a me e mi dice: ascolta, io per te sono l’unico, fidati di me.

Ritroviamo dunque nello stesso tempo la sublimità di Dio e la sua vicinanza, la forza e la dolcezza dei rapporti tra lui e noi.

Io non so come ciascuno di voi pensa a Dio: forse a Dio che giudica, Dio che castiga, Dio cui rivolgermi quando ho necessità del suo aiuto… Il pensiero giusto è: Dio che ama e si aspetta che noi lo amiamo.

E’ una verità bellissima, ma per questo anche impegnativa, perché la risposta deve essere con tutto il cuore, con tutta la mente, con tutta la forza – cioè con la totalità del nostro essere. Dice bene un poeta (Rilke): “Io vengo a te con tutto il mio andare”.

E poi il prossimo. I comandamenti sono due, ma vanno assieme. Guardiamo alla croce: è composta di due legni, uno verticale e l’altro orizzontale, e se si staccano non è più una croce – così il comandamento della carità con la dimensione verso l’alto e quella orizzontale verso i nostri pari. Dimensioni che non si possono scindere.

Ma chi è il prossimo? In altra occasione, a chi gli poneva questa domanda Gesù rispose: Sei tu che devi farti prossimo agli altri.

Non dobbiamo escludere nessuno dalla nostra carità, ma in concreto dobbiamo farci prossimo per i famigliari, per gli amici, per i vicini di casa, per i colleghi, per quelli che incontriamo per strada o magari anche ci attraversano la strada, e per ogni persona cui può giungere il nostro aiuto.

Il motivo è sempre quello: Dio è il nostro unico Signore – ed è il Padre di tutti.

È significativa l’assicurazione che Gesù fa a quello che lo aveva interpellato: “Non sei lontano dal regno di Dio”. La capacità di amare Dio e il prossimo è un segno inequivocabile che contraddistingue chi non è lontano dal regno di Dio, da Dio.

 

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