Ago 252018
 

donmarioalbertiniServire il Signore. Si tratta di un libero servizio nell’amore e non nella obbligata sottomissione di una schiavitù: noi lo riconosciamo come “il nostro Dio”, origine e fine ultimo del nostro cammino umano.

Commento di don Mario Albertini

Due domande impegnative, che si ripropongono di continuo lungo la storia, sono poste anche a noi dalla parola di Dio ascoltata in questa Messa.  Una domanda l’abbiamo sentito nella prima lettura: vi dispiace di servire il Signore? – allora “scegliete quali altri dei volete adorare”.  E nel vangelo l’altra domanda: “volete andarvene anche voi?” Può essere che diamo per scontato che non cerchiamo altri dei, eppure siamo tentati da vari idoli, e forse ci rivolgiamo a qualcuno di loro.

Idolo può essere il denaro, e se facciamo di tutto per averne di più, o invidiamo chi ne ha di più, o ci disperiamo perché non vinciamo al lotto – vuol dire che almeno un poco lo anteponiamo a Dio.

Idolo può essere il sesso, e quando si inseguono desideri disordinati, o si viene meno alla fedeltà, o si ricercano spettacoli o letture scandalose, e magari ci si eccita con l’alcol o la droga – vuol dire che di fatto non ci interessa Dio.

Idolo può essere il carrierismo, o la violenza, o il divertimento ad ogni costo, o cose analoghe.

Ebbene: l’unico e vero Dio ci dice: se vi dispiace servirmi, scegliete quale altro dio volete adorare.

E’ un appello a usare bene la nostra libertà.

Lo stesso appello la fa Gesù, in termini nuovi ma sostanzialmente equivalenti. Qui la scelta ha come oggetto lui stesso: Gesù chiede ai pochi che gli erano rimasti vicino, e lo chiede anche a noi, in maniera diretta: voi credete alla mia parola, o “volete andarvene?”. L’occasione per questa domanda è il discorso sul pane di vita, che – dice Gesù – è la sua stessa carne. Per molti, anzi per tutti, quella di Gesù è una “parola dura”, difficile da accettare: come si fa a mangiare la sua carne? – ma di fronte al fatto di non venir compreso Gesù non torna indietro, non attenua le sue parole, non dice: ho parlato così, ma volevo dire un’altra cosa, si tratta solo di simboli – no: e molti si tirano indietro, non lo vogliono più seguire. E allora Gesù pone la domanda in termini personali: volete andarvene pure voi?

La domanda, come ho detto, è rivolta anche a noi: si tratta anche per noi di scegliere tra credere e seguire Gesù o andarcene a cercare altrove.

Pietro ha dato una risposta bellissima, che è certo quella che pure noi vogliamo dare: ma da chi possiamo andare? Dov’è che troviamo parole come le tue? Tu solo, Signore, hai parole che danno la vita… E’ Gesù che noi cerchiamo, è lui che vogliamo ascoltare e seguire, sicuri che lui è la verità e l’amore e la vera vita.

Si, sentiamo rivolte a noi le domande: quella della prima lettura: “vi dispiace servire il Signore?” – e quella di Gesù: io non vi basto? “volete andarvene” da me?

La risposta è personale, è nella coscienza di ciascuno, e non è data a parole ma nei fatti, in sincerità verso di lui e verso noi stessi. Con una scelta non di abitudine e di paura, ma di libertà consapevole e di impegno..

 

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