Mag 122018
 

donmarioalbertiniCosì il Signore ritornerà. L’ascensione di Gesù esprime la fiducia che Dio ha in noi: Dio si affida a noi perché il Vangelo che Gesù è possa raggiungere gli estremi confini della terra: la festa che celebriamo è allora la celebrazione della «vita cristiana adulta», capace di guardare al cielo, ma allo stesso tempo capace di impegno per trasfigurare la terra.

Commneto di don Mario Albertini

Immagino non sia stato un giorno di festa piena per gli apostoli quello in cui Gesù è asceso al cielo. Sì, certo, contenti e orgogliosi per la sua glorificazione, ma anche un po’ tristi perché li lasciava. E’ mentre sono in questa confusione interiore che si sentono interpellati dagli angeli che dicono loro di non rimanere là imbambolati a guardare in su – e prendono coscienza dell’ultimo mandato del loro Signore: andate, siate miei testimoni, predicate il mio vangelo dappertutto. Capiscono allora, e comprendiamo anche noi, che l’ascensione porta a compimento l’opera di Cristo. Gesù, che ci ha meritato con la morte e risurrezione il perdono e la salvezza, ora è glorificato e così ci rende sicuri che anche per noi la morte non è la fine di tutto, che la meta ultima è l’incontro con lui e con il Padre nella vita eterna. Aveva detto ai discepoli: “vado a prepararvi un posto perché siate anche voi dove sono io”. Con la sua ascensione prepara per noi un posto in cielo, e questo diventa il fondamento della nostra speranza. 

Nel racconto sia del vangelo che della prima lettura l’attenzione è volta prima di tutto verso Gesù, ma poi essa deve spostarsi sugli apostoli, i quali, testimoni esclusivi delle ultime azioni e parole del Signore, ricevono ora il compito di prolungare e diffondere il suo messaggio di salvezza e di amore. L’ascensione segna il momento del passaggio dal tempo di Cristo al tempo degli apostoli e della chiesa. Ormai l’annuncio del regno di Dio è affidato ai discepoli di Gesù. 

Comprendiamo così che l’ascensione è importante per la nostra fede: e che ne derivano due conseguenze per noi: 

La prima conseguenza è che dobbiamo vivere nella speranza. Non una speranza qualsiasi. Ci sono tre virtù proprie del cristiano: la fede, la speranza e la carità. Di solito si parla della fede e della carità, ma poco della speranza. Essa è fondata sulla certezza dell’amore onnipotente di Dio e sulle promesse e sui meriti di Gesù, che la meta della nostra esistenza è la vita eterna. Sperare è camminare con Gesù verso il Padre. 

La seconda conseguenza è che il compito affidato agli apostoli di annunciare il vangelo ad ogni creatura in qualche misura lo dobbiamo sentire affidato anche a noi. Come possiamo noi annunciare il vangelo? Ci sono modalità diverse, ma tutti possiamo farlo vivendo nella giustizia e nella bontà. Ci lamentiamo spesso che nel mondo non c’è giustizia, che c’è tanta cattiveria… Purtroppo è vero. Ma se ciascuno di noi cerca di essere un po’ più giusto lui, un po’ più buono lui, – darebbe un contributo a migliorare le cose: questo è l’annuncio che ci è affidato. Lo possiamo fare, perché avviene per noi quello che fu per gli apostoli: “Essi – dice il vangelo, partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore operava insieme con loro”. Ecco, il Signore opera anche assieme a noi, misteriosamente ma davvero, se noi facciamo sul serio. In conclusione: celebrare l’ascensione vuol dire godere che Gesù sia entrato anche come uomo nella gloria divina, e rinnovare questi due aspetti dell’essere cristiani: la speranza per il futuro eterno, e l’impegno ad essere giusti e buoni. 

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