Mar 042018
 

donmarioalbertiniLo legge del Signore è perfetta. L’agire pro- fetico di Gesù nella ‘puri cazione del tempio’ è per noi un invito a to- glierci la maschera di una religiosità spesso ipocrita: egli ci provoca a comprendere che Dio è più grande di ogni forma religiosa, ci spinge ver- so la gratuità di un amore capace di donare vita.

Commento di don Mario Albertini

La pagina del vangelo ci presenta un gesto forte da parte di Gesù, nei confronti di quanto avveniva nei cortili del Tempio, trasformati in mercato; un gesto che va capito alla luce delle due frasi che in quell’occasione il Signore ha detto:

  In primo luogo, il Tempio non lo chiama “casa di Dio” ma “casa del Padre mio”; rivela così la sua identità; è come se dicesse: io sono il Figlio di Dio, e quindi ho tutta l’autorità per esigere che il Tempio sia soltanto luogo di preghiera.

  L’altra frase è: “Distruggete questo tempio, e in tre giorni lo farò risorgere”. Frase assurda per gli ascoltatori di allora, ma noi sappiamo che con queste parole Gesù annuncia la sua passione e risurrezione, e presenta se stesso come il vero tempio, e cioè il luogo per incontrare Dio.

  In forza di queste verità, ecco il gesto di cacciare i mercanti.

  Noi non siamo qui, in questo tempio, da mercanti – però forse alle volte ne abbiamo la mentalità, cioè trattiamo con il Signore quasi fosse un commercio: gli offriamo le nostre opere buone in cambio di particolari suoi aiuti. Sì, chiediamo il suo aiuto, ma dobbiamo essere sempre disposti ad accettare la sua volontà.

  E la sua volontà è espressa anche nelle 10 parole (decalogo significa dieci parole) che ci sono state presentate nella prima lettura, e che conosciamo bene dal catechismo, ma sulle quali è bene fare qualche considerazione.

In primo luogo: sono parole dette da Dio. Ed è importante l’inizio: Io sono il Signore Dio tuo.  Quando due persone s’incontrano per la prima volta, si presentano l’una all’altra dicendo: io sono Tizio, e io Caio. Qui è Dio che si presenta: Io sono il Signore Dio tuo – e quindi c’invita a una particolare attenzione perché quello che sta per dire è molto importante.

In secondo luogo: sono parole di vita – come abbiamo ripetuto nel salmo responsoriale: Signore, tu hai parole di vita eterna.

 Le 10 parole sono orientate a tutelare i nostri rapporti: con Dio, con la famiglia, con la vita, la sessualità, la proprietà, la veridicità… Parole che ci aiutano a vivere, dunque.

Infine: sono parole che vanno comprese e vissute alla luce dell’insegnamento di Gesù – il quale le ha portate a perfezione con i due comandamenti della carità. Se si mette in pratica l’amore a Dio e l’amore al prossimo il decalogo è già osservato.

  Tenendo presente questo perfezionamento, ritorniamo al fatto del vangelo. Con il suo gesto Gesù dimostra che l’amore può esigere la severità. Questo in particolare:

– nel rispettare il tempio che è la casa del Padre,

– nel rispettare il tempio che siamo ciascuno di noi, perché Dio è in noi;

– nel rispettare ogni nostro fratello, riconoscendo in lui il tempio di Dio.

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