Apr 152017
 

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Il vangelo del giorno di Pasqua racconta l’origine progressiva della fede cristiana: solo nella fede, che fa diventare discepoli del Risorto, si può infatti cogliere il senso dell’evento, ossia della morte e risurrezione del Signore. La fede nasce dall’incontro personale con lui e si rafforza nella testimonianza che a lui ogni discepolo vero sa rendere. Anche nella prima lettura trova espressione questo cuore della fede cristiana: nella testimonianza di Pietro, che diventa modello per ogni cristiano, risuona il mandato affidato ai discepoli dal Risorto: «essere testimoni di tutte le cose da lui compiute». Per questo motivo, in coerenza con la fede pasquale, la seconda lettura attesta che la vera vita che nasce dalla risurrezione di Gesù, quella vita contro la quale la morte non ha più potere, non è solo quella futura, ma è già possibile qui e ora, pur se nascosta nella nostra “carne”.

Commento di don Mario Albertini

Subito prima di quello che racconta il Vangelo di oggi, è detto che attorno alle tre croci sul Golgota c’era molta gente: più vicini la madre di Gesù, un apostolo, i soldati, alcune autorità.

Nel silenzio che lo spettacolo della morte provoca, si sentì un lamento: “Perché, o Padre, mi hai abbandonato?”. Ma subito dopo si udì anche una invocazione fiduciosa: “Padre, ti affido me stesso”.

Queste due frasi suonano contrastanti: mi sento abbandonato da te – eppure mi affido a te. Riconosciamo qui due sentimenti anche nostri. Talvolta diciamo: Dio perché sei così lontano? perché non ti fai sentire? Altre volte invece: Dio, tu mi sei necessario; non ti sento, non ti tocco, ma so che mi vuoi bene, credo nel tuo amore per me, confido in te, mi affido a te. Tu sei il più nascosto e il più presente.

E’ un contrasto che viviamo tutti, almeno qualche volta, ma ci conforta il fatto che anche Gesù l’abbia provato. Anzi, vorrei dire che è un contrasto che comunque ci porta davanti al Signore, ed è meglio, cento volte meglio della indifferenza, meglio che vivere senza soffrire per un Dio lontano o senza godere per un Dio vicino. “Cosa di più triste che non sentire la voce del Signore? Ma cosa di più tragico che non accorgersi neppure che il Signore tace?” (S. Quinzio)

E Gesù, sulla croce, muore. E’ ben morto quando un soldato lo trafigge con una lancia, quando lo tirano giù dalla croce e lo pongono nel sepolcro.

Eppure dopo poco più di un giorno, dal venerdì sera al mattino di oggi, avviene che quanti si recano a quel sepolcro non trovano più il corpo di Gesù, e si sentono dire: “Perché cercate tra i morti colui che è vivo? E’ risuscitato!”. E gli apostoli ne avranno le prove, lo vedranno, gli parleranno, egli spezzerà ancora il pane con loro.

“Noi, dice san Pietro, noi ne siamo testimoni”. Gli apostoli sono stati tacciati di essere degli imbroglioni, o dei visionari illusi. Essi invece furono dei veri testimoni di Cristo Risorto. E la certezza di averlo rivisto trasforma nel loro cuore la croce di quel condannato in una sorgente di speranza, e la loro testimonianza giunge ancor oggi a noi: Gesù è risorto!

Noi oggi celebriamo la pasqua di risurrezione. Se Gesù, che è morto, non fosse risorto, cosa celebriamo? Ma è risorto, e la nostra fede e la nostra preghiera ne prolungano la testimonianza. Anche noi proclamiamo: Cristo è davvero risorto; il signore della vita era morto, ma ora vive.

Sì, colui che è stato crocifisso è vivo. Questo è l’annuncio pasquale che nella gioia arriva sino a noi. Pasqua è sempre primavera. Può esserci il maltempo, il freddo, ma dentro è festa, dentro è gioia.

Perché Gesù Cristo è vivo e cammina ancora con noi.

La risurrezione del Signore ci dona la speranza, la certezza di un incontro perenne con l’amore di quel Padre che Gesù ha rivelato e donato. Per quell’evento “la salvezza è ancora sperata da noi, è ancora voluta, è ancora possibile” (Cioran).

Nella nostra professione di fede, diciamo con rinnovata convinzione: Credo in Gesù Cristo che, morì, ma poi risuscitò. Credo che Gesù è vivo, ed è sempre con noi

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