Apr 152016
 

donmarioalbertiniNel clima di anonimato e di massificazione tipico della nostra cultura, e spesso di disprezzo nei confronti della persona e della sua dignità, l’immagine di Gesù “pastore” capovolge queste logiche e mostra la possibilità di rapporti personali accoglienti e valorizzanti, soprattutto nei riguardi dei più deboli. Il suo amore ci coglie nella nostra identità, egli ci “conosce” e in lui noi “riconosciamo” colui che ci salva. Attraverso di lui ci sentiamo nelle mani buone di un Padre che nutre interesse per la nostra umana avventura.

“Signore, tu mi scruti e mi conosci, penetri da lontano i miei pensieri, ti sono note tutte le mie vie; tu mi conosci sino in fondo…” E’, questo, un atto di fede espresso in un salmo (138).

Dio ci conosce davvero, non per giudicare e condannare, bensì per valorizzare i semi di bontà e di verità che sono in noi. Dio ha fiducia in noi, ha fiducia in quelle nostre capacità di bene che lui conosce più di quanto noi stessi constatiamo. E se Dio ha fiducia in me, a me tocca l’impegno di corrispondere nel fare il bene.

Dio ci conosce. In altra occasione, Gesù parla del giudizio universale, e dice che il Giudice supremo dirà ai malvagi: “Non vi conosco! non vi ho mai conosciuti!”. Dunque non essere conosciuti da Dio equivale a condanna, essere conosciuti da lui vuol dire la salvezza eterna.

Ed ecco il vangelo di oggi. Gesù dice: “le mie pecore ascoltano la mia voce, e io le conosco, ed esse mi seguono”: tre verbi, che definiscono la vita dei discepoli di Gesù: essere conosciuti da lui, ascoltare la sua voce, seguirlo.

Ho detto l’importanza e la bellezza dell’essere conosciuti. Poi: Seguirlo: il cristiano è un seguace di Gesù, la sua vita è muoversi, andare, camminare; e non a casaccio, bensì sulla strada di Gesù: chi vuol essere mio discepolo, mi segua – ha detto. La guida del cristiano, il capo-cordata, è Cristo, che ci fa camminare verso la vita in Dio. “A quelli che mi seguono, – aggiunge – io do la vita eterna, li affido alla mano del Padre che è nei cieli. Per seguire, è necessario ascoltare: ecco l’altro verbo. Ascoltare non è soltanto sentire, udire, ma è fare attenzione: un conto è sentire della musica, e un conto è ascoltarla. L’ascolto della voce di Gesù, l’ascolto della Parola di Dio significa fare attenzione, voler capire per mettere in pratica, per obbedire a quella voce.

Ora la voce di Gesù da ascoltare è soprattutto una chiamata, una vocazione, cioè un invito e una proposta. Non mediante voci misteriose o segni straordinari: la proposta passa attraverso le circostanze più normali della vita. E’ importante capire che, mediante un incontro, mediante un fatto che ad altri forse sfugge, mediante una ispirazione interiore, Dio mi propone qualche cosa. Mi chiama a volergli bene, e a voler bene ai fratelli, e a far loro del bene, e a trovare la strada giusta per questo voler bene e fare del bene. E questo invito Dio non me lo ha fatto tanto tempo fa, non è del passato, ma mi sta davanti, Dio mi chiama verso il futuro.

In questa domenica, alla luce di questo vangelo, ci viene chiesto di pregare in particolare per quanti sono chiamati a diventare suoi sacerdoti e ministri, a farsi religiosi o religiose, a consacrarsi esclusivamente a lui anche rimanendo nel proprio ambiente, perché rispondano con generosità e fedeltà. Ricordiamoli in questa Messa. E forse ci sta bene un pensiero di preghiera pure per chi è già sacerdote o religioso. Quindi vi ringrazio se pregate anche per me (per noi!).

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