SpiritualitàCommenti disabilitati su NON RESTARE SULLA PORTA
Apr292025
… E COMINCIO’ A
LAVARE I PIEDI
AI DISCEPOLI.
Il Giubileo ci pensa come pellegrini incamminati verso la Porta Santa. Ogni porta evoca passaggio, chiama ad attraversare, entrare; non è un luogo per stare, ma per passare oltre, come suggeriscono le parole che usiamo per l’ospite: entra, non restare sulla porta. La porta è la separazione tra dentro e fuori, tra un prima e un dopo, tra noi e il resto del mondo. Leggi tutto »
Il Risorto, presente per sempre nella chiesa. La forza della risurrezione si manifesta attraverso le opere degli apostoli, coloro che hanno incontrato il Risorto ricevendo il suo Spirito e la sua pace, che ridona forza e solidità alla loro fede.
Commento di don Mario Albertini
Chi è il personaggio centrale in questa pagina del vangelo? Gesù o Tommaso? E’ logico rispondere: Gesù; ma noi forse ci siamo soffermati su Tommaso, l’apostolo che non crede ai suoi amici. Leggi tutto »
PADRE – Modo diretto e affettuoso di rivolgersi a Dio. Non vengono aggiunti quei titoli che pure gli spettano: onnipotente, eterno, bontà infinita, giustizia infinita, eccetera; essi sono “dentro” alla parola Padre: il Padre è onnipotente nell’amore; il Padre è giustizia che agisce per giungere al perdono; eccetera. Ma per noi cristiani dire Padre significa molto di più: Gesù ci ha rivelato che Dio vive una relazione al suo interno: il dialogo trinitario tra il Padre e il Figlio nello Spirito Santo. Ora, se Gesù che è il Figlio ci permette e anzi ci comanda di chiamare Dio Padre così come lo chiama Lui nel mistero trinitario, significa che ci introduce in quel dialogo, in quel mistero. Dio Padre nostro è il Padre di Gesù! “Salgo al Padre mio e Pa dre vostro”.
Certo si tratta di due rapporti ben distinti, ma hanno una cor rispondenza: Dio è un Padre che ci è donato da Gesù, che ne è il Figlio eterno.
Rendiamoci conto della grandezza racchiusa in questa parola Padre, intesa nella luce del Vangelo. “E’ un nome troppo di menticato, troppo sconosciuto, ma è il solo dato a noi come conforto dallo stesso Figlio di Dio, l’unico che lo poteva dare” (così il Servo di Dio padre G. Rossetto).
Padre NOSTRO – Quel nostro esprime anzitutto un rapporto di affetto (come quando diciamo: mio padre, mia madre…) – ed è come se dicessimo: ricordati che ti siamo figli.
Ed è proprio riconoscendo che Dio è Padre nostro che com prendiamo noi stessi; è guardando a come Dio si comporta con noi che comprendiamo il nostro rapporto con lui. Egli si com porta da Padre ed è Padre, quindi noi siamo figli suoi.
Ma quel nostro ci mette anche in comunicazione con gli altri figli di Dio, cioè con i fratelli, amati dal Padre come sono amato io. Quindi la preghiera insegnataci da Gesù è non solo una preghiera filiale, ma anche una preghiera fraterna. Dobbiamo non solo pregare per i fratelli, ma anche con i fratelli… Ancora: quel nostro indica un’appartenenza, ma non esclu siva. Cioè non vuol dire: solo di noi che lo conosciamo in Cristo, e non invece degli altri… No: è Padre di tutti. Eppure noi lo possiamo dire nostro con maggiore consapevolezza, perché da Gesù abbiamo conosciuto il suo amore e vi crediamo.