Per Luca si ha ora una svolta nella vita di Gesù: egli inizia la sua grande marcia – descritta in ben dieci capitoli – verso Gerusalemme, città della sua morte ma anche della sua glorificazione-ascensione al Padre. Fissiamo la nostra attenzione sulle tre scene di vocazione che aprono questo viaggio. La prima ha per protagonista un entusiasta al quale Cristo mostra subito il volto esigente della sequela che implica la rinuncia ai beni. La seconda, con la paradossale proibizione di andare ai funerali del padre, rivela il radicale distacco dagli affetti. Infine, richiamando per contrasto la vocazione del profeta Eliseo, Gesù indica nel distacco netto col passato la via per seguirlo.
XII^ Domenica del Tempo Ordinario
Al centro del vangelo di oggi sta la domanda sulla identità di Gesù. Egli provoca i discepoli, e con essi i credenti di ogni tempo, a dire che cosa pensano di lui e della sua missione. Pietro, a nome anche degli altri, lo riconosce come «l’inviato di Dio»: non però un messia che eserciti un potere terreno, come era nelle attese allora correnti, ma come rivelatore dell’amore di Dio. Quale sarà, dunque, la modalità in cui egli esprimerà questo amore divino?
L’immagine del “trafitto”, nella prima lettura, è una figura eloquente che ci richiama alla croce di Gesù. La croce, però, è ora per noi il segno della profonda trasformazione che Dio opera nei cuori di chi accoglie Gesù come il Cristo. Leggi tutto »
XI^ Domenica del tempo ordinario
È proprio il vangelo a rivelarci la vera realtà di Gesù. Egli non solo annuncia la misericordia di Dio, come avevano fatto i profeti, ma si mostra a noi come la misericordia di Dio fatta carne. Alla donna, che tutti identificavano come una peccatrice, egli dichiara: Ti sono perdonati i tuoi peccati. E anche: La tua fede ti ha salvata. La salvezza, però, non è un automatismo: alla donna è stato perdonato perché «ha molto amato». In modo simile la prima lettura narra del peccato e del pentimento di Davide: è la disponibilità alla parola di Dio che apre il cuore dell’uomo e crea la condizione interiore per accogliere la misericordia di Dio. L’obbedienza alla Parola appare, nella seconda lettura, come fede che giustifica l’uomo e apre la porta della salvezza. Essa infatti è abbandono fiducioso all’amore di Dio nei nostri confronti.
X^ Domenica del tempo ordinario
Per il vangelo di Luca la risurrezione del figlio della vedova di Nain è un segno della presenza messianica di Gesù: Tuo figlio vive!, dice Gesù alla vedova nella sua afflizione. E Luca annota il motivo del suo agire: «Il Signore ne ebbe compassione». Per questa ragione Luca articola narrativamente il racconto del “miracolo” in parallelo con il racconto della prima lettura, che riguarda Elia e il richiamo alla vita di un altro figlio di donna vedova. In entrambi i casi è evidente il messaggio: Dio agisce nella storia per creare vita, e la vita in Dio è il presente e il futuro di ogni essere umano. Il vangelo, dunque, apre alla vita terrena un orizzonte di speranza oltre ogni limite. Tale passaggio dell’uomo in Dio coinvolge tutta la sua storia umana: nella prospettiva credente, essa non è in balìa di un caso anonimo, ma è posta sotto lo sguardo misericordioso di un Padre. Questo è anche il vangelo di Paolo, riproposto oggi dalla seconda lettura: egli annuncia ciò che ha “veduto” e vissuto in prima persona. L’esperienza dell’incontro con il Risorto è alla radice della sua vocazione e della sua missione.
Sembra un caso, che Gesù abbia incontrato quel corteo funebre nei pressi della città di Naim. Casi del genere sono certamente toccati anche a noi, qualche volta. Ma anche quello che noi chiamiamo ‘caso’ è sempre un’occasione che ci viene offerta: per una riflessione sulla realtà della morte, una preghiera per il defunto e per coloro che lo piangono, un pensiero ai nostri cari che già ci hanno lasciato.
Per Gesù quella volta fu l’occasione di manifestare la sua compassione e la sua potenza divina. Certo altre volte aveva incontrato dei funerali, ma stavolta dietro il feretro vede una madre, e vedendola, il Signore ne ebbe compassione e le disse ‘Non piangere!’, e le risuscita il figlio: lo diede alla madre. E’ forte, il verbo lo diede: Gesù è il Signore della vita, il vincitore della morte, ha il potere di dare alla madre il figlio già morto, ora vivo.
Non è descritta la reazione di quella donna: non si può descrivere la gioia di una madre che riottiene il figlio… E’ invece detto della gente che ha assistito al miracolo: Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio.
SS. Corpo e Sangue di Cristo
Il vangelo racconta di una folla che cerca Gesù e viene da lui nutrita in modo straordinario: il segno dei pani condivisi, moltiplicati e distribuiti diventa anticipazione profetica del dono che Gesù farà e continua a fare del suo “corpo”. Il racconto è sempre stato inteso come una immagine dell’eucaristia. Anche oggi, la preoccupazione per la fame (materiale e spirituale) che tormenta tanta parte dell’umanità può trovare nell’eucaristia cristiana la forza per un continuo impegno nel creare le condizioni per il regno di Dio. Anche la figura di Melchisedek, al centro della prima lettura, parla a noi di pace, condivisione e benedizione: apre dunque una prospettiva di mediazione in grado di comporre le diversità e i conflitti sempre presenti nella storia umana, un ruolo oggi a dato ad ogni discepolo di Cristo che voglia esercitare in maniera autentica il sacerdozio dei fedeli a cui abilita il battesimo. E questo proprio nella fedeltà al Cristo che, come attesta la seconda lettura, è l’autentico mediatore attraverso cui Dio continua a riconciliare a sé il mondo, mediazione di cui ogni eucaristia è memoria attualizzante.