Per la custodia del creato, I* settembre 2018: coltivare l’alleanza con la terra

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Set 012018
 

la-scuola«Finché durerà la terra, seme e mèsse, freddo e caldo, estate e inverno, giorno e notte, non cesseranno» (Gen. 8, 22). Con queste parole la Scrittura indica nell’alternanza dei tempi e delle stagioni un segno di quella stabilità del reale, che è garantita dalla fedeltà di Dio. Il successivo capitolo di Genesi simboleggerà tale realtà con l’arcobaleno: «Dio disse: ‘Questo è il segno dell’alleanza, che io pongo tra me e voi e ogni essere vivente che è con voi, per tutte le generazioni future’» (Gen. 9, 12). L’arco nel cielo richiama il dono della terra come spazio abitabile: Dio promette un futuro in cui l’umanità e gli altri viventi possano fiorire nella pace.

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La pena di morte inammissibile, il “grazie” a Francesco (G. Gambassi)

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Ago 112018
 

compassioneLa “riforma” del Catechismo con cui si dichiara “inammissibile” la pena di morte è “una scelta che aiuterà nella battaglia per la vita, a partire dalla difesa di quella più debole”. Ne è convinto Mario Marazziti, già portavoce della Comunità di Sant’Egidio, che definisce la decisione di papa Francesco “un passo decisivo che incoraggerà in modo formidabile l’impegno a favore dei diritti umani”. Leggi tutto »

Dio è anche madre (G. Ravasi)

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Ago 052018
 

Rembrandt-Il-ritorno-del-figliol-prodigo_particIl tedesco Heinrich Boll, nobel della letteratura 1972, aveva scritto nel 1901 una Lettera a un giovane cattolico per criticare  “i messaggeri del cristianesimo di ogni provenienza”, perché avevano dimenticato nella loro comunicazione della fede la virtù della tenerezza, così da non riuscire a “mettere fuori causa il suo grande antagonista, la mera legislazione ecclesiastica”. Ferma restando la necessità della giustizia e del dovere, è certo che una religione fondata solo sull’obbligo e sul precetto risulta monca e, alla fine, disumana. La Bibbia, al riguardo, per esprimere questo sentimento, così come la misericordia, ricorre nell’Antico Testamento al vocabolo rahamim che designa le viscere materne e paterne, similmente nel Nuovo Testamento si usa il verbo splanchnizomai che indica l’emozione viscerale di fronte al dolore del prossimo: questa, ad esempio, è la reazione di appassionata tenerezza che Gesù prova durante il funerale del figlio della vedova di Nain (Luca 7,13). 
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Nel mondo, ma non del mondo

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Giu 302018
 

fotosearch_k25466302(Lucetta Scaraffia). – Ogni tanto leggiamo buone notizie, che ci fanno riflettere. Due professoresse di un liceo milanese, stufe di vedere i loro studenti sempre con il naso sui telefonini, ognuno chiuso nel proprio mondo, senza parlare né tanto meno giocare con gli altri, hanno deciso di proporre loro un esperimento. Arrivate in aula con uno scatolone, hanno chiesto di consegnare i telefonini per una settimana, per provare a vivere senza quell’ingombrante appendice.I ragazzi hanno accettato, se pure con qualche timore. E alla fine hanno confessato che i primi giorni sono stati i più duri, e una ragazza ha detto perfino di avere pianto la prima giornata. Ma poi, coadiuvati dalla scuola che ha organizzato in quella settimana varie attività culturali e sociali – come visite ai musei, gare sportive, aperitivi – il tempo è passato benissimo. Leggi tutto »

Papa Francesco a Ginevra: Il “Padre nostro”

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Giu 232018
 

papa-francesco-731x1024Padre, pane, perdono. Tre parole, che il Vangelo di oggi ci dona. Tre parole, che ci portano al cuore della fede. «Padre». Così comincia la preghiera. Può proseguire con parole diverse, ma non può dimenticare la prima, perché la parola “Padre” è la chiave di accesso al cuore di Dio; perché solo dicendo Padre preghiamo in “lingua cristiana”. Preghiamo “in cristiano”: non un Dio generico, ma Dio che è anzitutto Papà. Gesù, infatti, ci ha chiesto di dire «Padre nostro che sei nei cieli», non “Dio dei cieli che sei Padre”. Prima di tutto, prima di essere infinito ed eterno, Dio è Padre. Da Lui discende ogni paternità e maternità (cfr Ef 3,15). In Lui è l’origine di tutto il bene e della nostra stessa vita. «Padre nostro» è allora la formula della vita, quella che rivela la nostra identità: siamo figli amati. È la formula che risolve il teorema della solitudine e il problema dell’orfanezza. Leggi tutto »