Dic 152018
 

fotosearch_k4066067Il desiderio della luce

Nell’ottica dell’attesa e della vigilanza, è centrale il simbolo della luce. Un testo paolino, non a caso proclamato nella I domenica d’Avvento dell’anno A, sintetizza bene il tema della lotta tra luce e tenebra nella quale sono impegnati i “figli della luce”: “E’ ormai tempo di svegliarci dal sonno, perché adesso la nostra salvezza è più vicina di quando diventammo credenti, la notte è avanzata, il giorno è vicino. Perciò gettiamo via le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce”. Anche la pietà popolare, soprattutto nei paesi nordici, in concomitanza con la stagione invernale, fredda e carente di luce solare, ha sviluppato tradizioni dove la preghiera è permeata dalla luce che vince il buio, che si propaga e alla fine prevale su ogni frammento di tenebra: si pensi, ad esempio, all’uso ormai diffusissimo della corona dell’Avvento, che in forma poetica ripropone l’anelito a incontrare lo Sposo come, del resto, la tradizione liturgica ha sempre ritenuto. La luce dell’Avvento è una luce precaria, che facilmente può spegnersi, se non altro perché le lampade non hanno più olio, come è scarsa la luce di questa stagione dell’anno.

Dipende dall’uomo credente tenere accesa la fiamma e diffondere la luce, accendere il fuoco e fare in modo che nulla lo spenga, soprattutto la negligenza o il disinteresse. In questa precarietà si poggia lo spirito con il quale vivere questo tempo dell’anno liturgico: il Signore che sempre viene può rischiarare la poca fede e la poca speranza che abbiamo, a rischio di stanchezza anche per causa nostra, poiché lui solo dà luce alla nostra lampada. A questo riguardo, nei “personaggi” dell’Avvento, soprattutto in Giuseppe, si incontra il sogno quale illuminazione/rivelazione di una precisa volontà del Signore, che, certo, richiede la corrispondenza umana concreta, ma sempre anche la precede, come forza ispiratrice. Al suo centro, infatti, sta lo Spirito del Signore, che si posa sul Messia, ricolmandolo dei suoi doni, perché porti nel mondo la pace. Sicché “non giudicherà secondo le apparenze, non prenderà decisioni per sentito dire, ma giudicherà con giustizia i poveri e prenderà decisioni eque per gli oppressi del paese”. A questa missione si è attenuto fortemente Cristo, mostrando quei segni di totale ribaltamento sociale, che hanno lasciato perplesso persino il Battista. Tant’è che si sente costretto a inviare una sua ambasceria a interrogare Gesù. L’odierna società avverte ancora la necessità di vedere simili scossoni storici, che traducono in segni concreti il grande sogno dell’umanità, rimasto quello dei tempi di Cristo. Perciò la Parola che risuona nella Liturgia deve possedere la forza di una verga, che percuote il violento. Insomma, c’è ancora bisogno di chi faccia chiarezza, almeno nelle proposte. Non è forse questa una delle esigenze oggi maggiormente avvertita, quando persino la violenza viene giustificata e quando non si ha più speranza, perché tutto è uniforme, e tutti promettono gli stessi cambiamenti, senza mai realizzarli?

La testimonianza, “rivelazione” della storia

E’ questo il motivo per cui “la via della missione ecclesiale più adatta al tempo presente e più comprensibile per i nostri contemporanei prende la forma della testimonianza, personale e comunitaria. Il testimone comunica con le scelte della vita, mostrando  così che essere discepolo di Cristo non solo è possibile per l’uomo, ma arricchisce la sua umanità. Egli quando parla, non lo fa per un dovere imposto dall’esterno, ma per un’intima esigenza, alimentata nel continuo dialogo con il Signore ed espressa con un linguaggio comprensibile a tutti. La testimonianza pertanto è l’esperienza  in cui convergono vita spirituale, missione pastorale e dimensione culturale”. Nel “sì” a Dio si concretizzano i sogni dell’umanità, nella gradualità del tempo e nell’esemplarità dei comportamenti, scaturiti dalla capacità di saper dare ragione della propria speranza. Il sogno è anche la modalità privilegiata, nella tradizione biblica, della rivelazione personale, come dimostra la vicenda di Giuseppe di Nazaret, sposo di Maria, nel Vangelo di Matteo. Evidenzia, infatti, quella necessità che si percepisce non nell’oscurità della notte, ma nella chiarezza dei segni visibili della Liturgia cristiana.  

Di Cavgnoli e  Della Pietra

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