Cara città, vorrei affidare a ben altro che a un foglio il mio augurio di buon Natale per te. Vorrei, se mi fosse concesso, lasciare nella mezzanotte il trasognato rapimento della liturgia, e aggirarmi per le tue strade, e bussare a tutte le porte, e suonare a tutti i campanelli, e parlare a tutti i citofoni e dare una voce sotto ogni finestra illuminata, e dire a ognuno: Non scoraggiarti, è nata la speranza!
E’ nato il Redentore!
Anche noi vorremmo stringere la mano di tutti, dei bambini e dei grandi, dei ricchi e dei poveri e fissare gli occhi della gente e ripetere a ognuno che, se la tregua santa del Natale si allargasse a tutti i 365 giorni dell’anno, la vita sulla terra sarebbe più bella: senza sfruttamenti, senza famiglie divise, senza cuori delusi, senza disoccupati, senza infelici, senza tragiche solitudini. Vorrei poter disegnare la mappa delle sofferenze più atroci della città, e individuare le disperazioni più crude e isolare la fontana delle lacrime più amare e prendere per mano chi non sa che farsene di questo Natale e condurlo con me in questa Chiesa. Lì, nel silenzio della navata rimasta deserta potremmo indicargli una capanna, e nella capanna un bimbo e dirgli che proprio da lì è sgorgato il rigagnolo della santa allegrezza. Destinato a divenire torrente e poi fiume e poi oceano nel quale tutti siamo chiamati a naufragare. Anche noi vogliamo augurare così
Buon Natale alla nostra città.